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03 Febbraio, 2021

A chi somigli?

Nel percorso scolastico una ferita si rivela inaspettatamente un punto di svolta.
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« A chi somigli? »

Ho sempre amato scrivere.

Il mio amore per la scrittura è nato quando ero alle elementari, dato che da piccola non mi piaceva parlare a voce, perché le mie parole spesso non venivano ascoltate, quindi preferivo sedermi, ascoltare e imparare. Eppure io le cose da dire le avevo anche a quel tempo.

Così iniziai a mettere i miei pensieri nero su bianco, perché sapevo che un giorno quelle mie parole scritte sarebbero state lette con attenzione. Quando iniziammo a scrivere i temi d’italiano con consegne tanto basilari quanto interessanti per una bambina delle elementari, “il tema” diventò presto il mio momento preferito in assoluto a scuola. Ho sempre preso voti alti in italiano, era la mia materia preferita d’altronde. Mi ricordo con che foga leggevo la consegna e con quale energia propositiva iniziavo subito a scrivere la brutta del mio tema. Era il momento in cui esprimevo i miei pensieri, la mia visione del mondo, con la sicurezza matematica che la mia maestra (alle elementari) e poi la mia professoressa (alle medie e superiori) avrebbe letto quello che avevo da dire.

Una volta, alle medie, dopo aver letto la consegna del tema, non iniziai a scrivere di getto come mio solito. Mi bloccai continuando a rileggere la consegna ed una sensazione di vuoto e di impotenza mi pervase. Rimasi per mezz’ora a fissare quella consegna di tema che diceva a grandi linee così: «A chi somigli? Racconta da chi dei tuoi genitori hai ereditato gli occhi, i lineamenti, l’altezza, e così via».

Una domanda a cui rispondere

Mi sentii una outsider non sapendo rispondere ad una domanda così semplice come « A chi somigli? »

Da chi ho ereditato gli occhi? Da chi ho ereditato i miei capelli? I denti da coniglio? I canini inferiori da vampiro? Io sono stata adottata quando avevo sei mesi. Non ho nessuna informazione su mia madre biologica. Nella lettera di adozione mio padre biologico non è neanche menzionato. Cosa ne posso sapere io da chi ho ereditato le mie caratteristiche fisiche?

Alla sensazione di vuoto si sostituì la rabbia.

Scrissi in meno di venti minuti la brutta del mio tema raccontando che per quanto io ne sappia potrei essere nata dall’unione di una strega vampira, da cui ho preso i canini e i capelli rossi, e di un coniglio, da cui ho preso gli incisivi giganteschi.

La mia professoressa di italiano delle medie mi disse che fu il miglior tema che avessi mai scritto da quando mi conosceva. Lo fece leggere in tutte le classi del mio anno, “onore” che spettava solo ai temi più belli mai scritti. Eppure non ero felice di aver avuto quell’onore, se si può definire così. Non riuscivo a smettere di chiedermi perché quella professoressa, sapendo che sono stata adottata, avesse deciso di dare quella consegna.

Mi sentivo tradita e delusa.

Mi è stato riferito che la professoressa temeva che quella consegna mi ferisse, ma «se l’è cavata molto bene» si consolò lei. Peccato che il fatto che io me la sia cavata non voglia dire che non mi abbia ferita, che non mi sia sentita a disagio, che non mi abbia fatto pensare a questioni che non volevo affrontare in quel momento o che non avevo affrontato mai prima di quel giorno. E a me chi consolò? Quell’onore di far leggere il mio tema alle persone a me coetanee? No, quello non servì neanche al mio orgoglio.

Vero è che quel tema mi ha fatto fare un passo in più nella mia elaborazione e accettazione della mia adozione, paradossalmente sono grata a quel tema. Forse, però, quel passo lo avrei fatto lo stesso, magari in un altro momento con un percorso alle spalle. Credo bastasse solo un po’ più di empatia e sensibilità per il mio vissuto, anche se ero l’unica nella mia classe ad essere stata adottata.

E poi, davvero è così importante sapere a chi si somiglia? Non si dice sempre che siamo unici e che quindi somigliamo solo a noi stessi?

Giulia Nadezhda Cattani (Emily Wolf)

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