
Una storia speciale
Nella mia tesi ho scelto di trattare i temi dell’adozione e dell’affidamento perché sono stata particolarmente colpita dalla storia di Luca Trapanese ed Alba dal momento che rappresenta un’eccezione nel nostro ordinamento. Prima di parlare di questi due argomenti vorrei raccontare brevemente la storia di Luca e Alba.
Luca è un uomo di 45 anni, di Napoli, single, omosessuale e cattolico; ha fondato diverse associazioni per persone con gravi disabilità; oggi è Assessore alle Politiche Sociali nel Comune di Napoli.
Alba è una bambina di 5 anni che è stata abbandonata alla nascita dalla madre in ospedale ed è affetta dalla Sindrome di Down.
Grazie al suo impegno nel sociale Luca ha conosciuto un ragazzo che era stato adottato da una donna, la quale ha chiesto a Luca di poterlo adottare (lo stesso Luca) per poi prendersi cura di suo figlio dal momento in cui lei non ci sarebbe stata più (riferimento al progetto “Dopo di noi” alla legge 112/2016 che è un percorso per favorire l’autonomia, il benessere e la piena inclusione sociale delle persone con disabilità grave dopo la dipartita dei genitori); Luca ha accettato senza però perdere diritti e doveri nei confronti dei suoi genitori biologici. Si tratta in questo caso di adozione civile che è un caso particolare perché l’adottato è una persona maggiorenne. In seguito, Luca ha deciso di presentare domanda di affidamento di un minore con qualsiasi disabilità, ma dopo aver avuto in affidamento Alba, ha voluto presentare prima domanda di affidamento preadottivo e poi di adozione perché Alba era stata rifiutata da oltre 30 famiglie tradizionali a causa della sua Sindrome che lo stesso Luca definisce “non una malattia ma un modo di essere”.
Dal 2018 Luca e Alba sono una famiglia anche se questo caso è speciale perché la legge italiana non permette alle persone omosessuali e anche single di adottare. Il gesto di Luca ha diverse motivazioni che sono il centro di queste scelte sia che si tratti di adozione sia che si tratti di affidamento.
In questo articolo l’intenzione è quella di descrivere le motivazioni e le emozioni appartenenti a chi decide di intraprendere questi percorsi; cosa è accaduto con l’arrivo della pandemia da Covid-19 e in cosa consiste il lavoro dell’assistente sociale.
L’adozione e l’affidamento familiare
L’adozione e l’affidamento sono due istituti disciplinati dalla legge 149 del 2001 che ha modificato la legge 184/1983. Per entrambi gli istituti, inoltre, si fa riferimento alla legge 173 del 2015 che sancisce il diritto alla continuità degli affetti perché il minore deve continuare ad avere rapporti con la famiglia che si è presa cura di lui (famiglia affidataria) prima che venisse adottato oppure nel caso dell’affidamento il minore deve continuare ad avere rapporti con la famiglia affidataria anche se dovesse fare ritorno nella famiglia d’origine.
L’adozione è un provvedimento definitivo che però viene preceduto dall’affidamento preadottivo (un periodo di prova della durata di 1 anno). La legge 149/2001 peraltro sancisce il diritto del soggetto a conoscere le sue condizioni di adottato e questo può avvenire in due modi: i genitori adottivi decidono le modalità e le tempistiche secondo le quali possono informarlo oppure essere informato durante il procedimento di adozione.
Un altro diritto del soggetto adottato, riconosciuto dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo e considerato un diritto fondamentale dell’uomo, è quello di poter conoscere i genitori biologici al compimento dei 25 anni seguendo specifiche procedure e modalità previste dalla legge.
Sebbene vi siano varie tipologie di adozione, essa si divide principalmente in adozione nazionale che consiste nell’adozione di un minore italiano da parte di genitori italiani, e adozione internazionale che consiste nell’adozione di un minore straniero da parte di genitori italiani oppure nell’adozione di un minore italiano da parte di genitori stranieri.
L’adozione internazionale è regolata dalla Commissione per le Adozioni Internazionali (CAI) che è l’Autorità Centrale Italiana e per alcuni Paesi è necessario fare riferimento alla Convenzione dell’Aja, così chiamata perché siglata all’Aja in Olanda il 29 maggio 1993, che è un accordo internazionale inerente alla protezione dei minori e sulla cooperazione in materia di adozione internazionale. Esso obbliga gli Stati (sia di origine che di accoglienza dei minori) aderenti e quindi firmatari dell’accordo a rispettare delle procedure operative rigorose nello svolgimento delle pratiche adozionali allo scopo di arginare il triste fenomeno del “mercato” dei bambini.
L’affidamento familiare è un istituto regolato anch’esso dalla legge 149/2001 ed è un provvedimento temporaneo; è necessario sapere che è diverso dall’affidamento preadottivo perché questo precede l’adozione mentre l’affidamento familiare prevede che il minore possa fare ritorno nella sua famiglia.
Motivazioni ed emozioni
Le motivazioni che spingono le persone a fare domanda di adozione sono tantissime e sono diverse: per esempio una prima motivazione può essere di natura umanitaria cioè aiutare un minore in difficoltà, pensiamo al caso dei sostegni a distanza oppure di un minore che non ha una famiglia e vive in una casa-famiglia/comunità; un’ulteriore motivazione probabilmente quella più rilevante è che, dopo aver provato ad avere un figlio in diversi modi, l’adozione è l’unica strada per esaudire il desiderio di diventare genitori. Talvolta, però, il dolore e la sofferenza causati dalla sterilità o infertilità, come sostiene lo psicologo Giuseppe D’Amore, possono essere pericolosi tanto da portare ad un fallimento durante il percorso e alla cosiddetta “restituzione” ovvero il minore torna al mittente (es: casa-famiglia); per questo motivo lo psicologo afferma che il dolore dei futuri genitori dovrebbe essere curato prima dell’arrivo in famiglia del minore in quanto egli è portatore di un dolore maggiore in quanto è stato abbandonato dai suoi genitori prima e poi potrebbe ritrovarsi abbandonato nuovamente.
Nel caso in cui l’iter dovesse andare a buon fine ci sarà sempre la gioia e la felicità per una nuova famiglia che si costituisce. Marco Liotta nel suo articolo afferma che “l’attesa può essere amore struggente, rabbia feroce o attanagliante angoscia” proprio per sottolineare le difficoltà che le coppie devono affrontare prima che il bambino arrivi in famiglia e quindi l’attesa stessa può essere travolgente, fantastica ma anche estenuante.
Per quanto riguarda invece l’affidamento familiare le motivazioni sono pressoché le stesse dell’adozione ovvero voler aiutare un bambino e la sua famiglia in difficoltà avendo però la consapevolezza che il minore potrebbe rientrare nella sua famiglia nel momento in cui i genitori riacquistano le loro capacità e la situazione di disagio si risolve. Un’altra motivazione può essere quella di voler dare un’educazione ai propri figli per far capire che è giusto aiutare il prossimo. Le emozioni implicate anche in questi casi sono molto forti e possono essere sia positive che negative.
La pandemia da Covid-19
Negli ultimi due anni a causa della pandemia da Covid-19 ci sono stati innumerevoli cambiamenti e modifiche alle procedure e soprattutto moltissime difficoltà che sono state affrontate e risolte nel migliore dei modi. Le prime a subire questa situazione sono state proprio le adozioni internazionali a causa dei blocchi e delle restrizioni negli spostamenti. Tutte le autorità tra i quali Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (MAECI), Ambasciate, Enti Autorizzati e CAI solo per citarne alcune, ma anche le Associazioni Familiari, hanno collaborato per rendere i procedimenti più semplici seppur nella massima sicurezza sia per le coppie adottive sia per i minori adottati. Alcune problematiche però sono state inevitabili per esempio le famiglie che, in casi normali, raggiungevano i minori nei loro Paesi di origine, con l’arrivo della pandemia non hanno potuto perché le autorità di alcuni Paesi non lo ha permesso oppure le famiglie che si trovavano già in terra straniera prima dell’arrivo della pandemia sono rimaste bloccate ed è stato necessario collaborare per organizzare il loro ritorno in Italia.
Un caso significativo è quello dei minori provenienti da Haiti per i quali è stato possibile organizzare un viaggio con un aereo privato messo a disposizione da un’azienda con a bordo diversi professionisti, tra i quali un pilota pediatra proprio per l’occasione. I genitori hanno atteso l’arrivo dei loro bambini in aeroporto insieme alle autorità aeroportuali della CAI. Inoltre, in base ai dati raccolti proprio dalla CAI è stato dimostrato che rispetto al 2019 nel 2020 e quindi nel pieno della pandemia le adozioni internazionali hanno subito un decremento del 40% circa (da 969 coppie nel 2019 a 526 nel 2020).
Durante il lockdown sono stati utilizzati strumenti tecnologici (videochiamate attraverso i vari canali social) non solo per far incontrare le famiglie e i minori ma anche per permettere ai genitori di confrontarsi tra loro e scambiarsi opinioni e consigli grazie ai gruppi di auto-mutuo-aiuto e alle associazioni di genitori adottivi soprattutto perché le famiglie che avevano già fatto questo tipo di esperienza potevano essere una guida per chi si trovava a fare l’esperienza dell’adozione per la prima volta. Per quanto riguarda l’affidamento familiare le situazioni sono state molto simili infatti è stato necessario utilizzare le videochiamate in diversi casi per contenere i contagi e sono stati concessi gli incontri tra genitori e figli in casi eccezionali prestando sempre attenzione alle norme di sicurezza. Inoltre, per i professionisti che a causa del lockdown non potevano recarsi in ufficio perché erano stati chiusi, è stato possibile lavorare grazie all’attivazione dello smart-working e quindi sono stati effettuati i colloqui con le famiglie affidatarie o adottive e i colloqui tra i professionisti.
Il lavoro dell’assistente sociale
L’assistente sociale è una figura professionale che insieme ad altri professionisti (es: psicologi, educatori, ecc.) aiuta le persone ad affrontare situazioni complesse come l’adozione e/o l’affidamento.
Il lavoro dell’assistente sociale consiste nel valutare quanto una coppia è realmente pronta ad accogliere un minore in casa e lo fa attraverso dei colloqui prima con i coniugi separatamente per conoscere ognuno di loro e le rispettive famiglie d’origine e successivamente con i coniugi insieme per conoscerli come coppia; nel caso di affidamento deve effettuare dei colloqui anche con la famiglia affidataria e se vi sono altri figli deve conoscere anche loro.
L’assistente sociale effettua anche delle visite domiciliari ovvero si reca presso l’abitazione della famiglia per conoscere e valutare l’ambiente nel quale sarà inserito il minore; redige relazioni scritte per comunicare con i colleghi e con gli altri professionisti coinvolti nel caso e soprattutto stila i verbali per aggiornare il giudice del Tribunale per i Minorenni, che è l’autorità deputata a prendere la decisione finale. Inoltre, se il minore dovesse avere l’età per essere ascoltato (12 anni) o per esprimersi (14 anni), deve essere ascoltato e il suo parere favorevole o contrario deve essere preso in considerazione. Dunque, sia che si tratti di adozione nazionale o internazionale sia che si tratti di affidamento, il lavoro dell’assistente sociale è volto a garantire la tutela e la protezione dei minori in difficoltà o abbandonati, aiutare le coppie che intraprendono questi percorsi rendendo loro la strada più semplice e meno tortuosa possibile restando sempre fedele alle norme e alle disposizioni riguardanti i minori e le famiglie.
Ivana Aristide – Dottoressa in Scienze del servizio sociale
Università degli studi di Siena
Dipartimento di Scienze sociali, politiche e cognitive
Corso di laurea triennale Scienze del servizio sociale
Tesi: “Adozione e affidamento: aspetti psicologici e ruolo del servizio sociale”
Relatore: prof. Stefano Guidi
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