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21 Novembre, 2021

Adozione e pregiudizi

Pregiudizi influenti: quando l’adozione sembra un ostacolo
ItaliaAdozioni
insieme a favore di una migliore cultura dell'Adozione e dell'Affido

Discorsi da cortile

Il cortile della scuola è un luogo particolare, un luogo a volte magico e spesso presente in narrazioni che si svolgono a scuola. Non si parla dell’aula magna, o della palestra ma sempre si menziona il cortile. In cortile si gioca, si cammina, si parla, si gode dei raggi del sole nelle belle giornate, si legge e si salta la corda.

A volte possono scoppiare anche liti o nascere diverbi, e proprio nel cortile della scuola in cui lavoravo ho sentito pronunciare una frase tipo: “Certo, lui è adottato per forza ha problemi comportamentali e anche a scuola. Non ci si può fare più di tanto, i bambini adottati sono tutti così”. Poco più in là, una collega se ne stava seduta e soddisfatta di quanto appena detto, sollevata forse dall’essersi tolta un peso o una responsabilità dalle spalle, d’altronde l’aveva appena detto lei stessa: “non ci si può fare più di tanto, i bambini adottati sono tutti così”. Ma così come?

Non ho detto niente, non la conoscevo e dopo aver sentito questa frase non ne ho certo avuta la curiosità. Poi me ne sono pentita, avrei potuto dirle molte cose, raccontarle la mia storia e vedere la sua reazione. Avrei potuto dirle che simili considerazioni sono fonte di pregiudizi infondati e che le parole è sempre meglio sceglierle con cura.

Sembri una persona “in gamba”

Mi chiamo Francesca, ho quasi 30 anni, sono una Pedagogista e lavoro a scuola come Educatrice. Sono stata adottata quando avevo quasi un anno e il mio Paese d’origine è la Romania.

Non ricordo il momento in cui i miei genitori mi hanno detto di essere stata adottata, credo che lo abbiano sempre fatto e per me è stato come se lo avessi sempre saputo. Spesso mi dicono quanto io assomigli al babbo o alla mamma, ed è inspiegabilmente vero.

A scuola nessuno dei miei compagni o compagne mi ha mai detto o chiesto niente sull’adozione, anzi spesso neanche lo sapevano, e così anche gli e le insegnanti non hanno mai affrontato l’argomento. Crescendo mi sono trovata spesso in situazioni in cui, fornendo i miei dati personali, ho ricevuto risposte o osservazioni tipo: “Ah! Un cognome tipico rumeno dunque”, oppure: “Non l’avrei mai detto, non sembri”. Perché come dovrei sembrare? Ogni volta accenno un sorriso di imbarazzo per loro. Ma la cosa che più mi ha colpita è stata un’osservazione che mi è stata fatta in almeno due occasioni in ambito professionale, la quale riportava un certo stupore per quanto “fossi una persona equilibrata nonostante l’adozione”. No, non è un complimento, è un pregiudizio.

Come nasce un pregiudizio, e perché?

Per rispondere a questa domanda si dovrebbe ricorrere a teorie della psicologia sociale e delle neuroscienze ( in cui adesso non è il caso di addentrarsi), ma in sostanza si può dire che nel momento in cui si vive un’esperienza e si entra in relazione con qualcuno che non si conosce prendono vita idee nella mente che fanno riferimento a categorie ben definite, in grado di rendere un po’ più riconoscibile cosa o chi si ha davanti. Queste idee che si radicano in modo prorompente dentro le persone, senza alcuna certezza che siano esatte, permettono di entrare in una sorta di “zona di comfort”, in cui l’ignoto fa un po’ meno paura.

Capita a tutti, indistintamente e in vari momenti o situazioni della vita. In ambito professionale però, soprattutto se si lavora con le persone e per le persone, riflettere e pensare in modo critico sarebbe davvero necessario e auspicabile prima di agire, per non cedere il passo a luoghi comuni o appunto a stereotipi che limitano le possibilità di conoscere.

Mettere al centro le relazioni significa anche averne cura, valorizzare le differenze e assumere un atteggiamento totalmente non giudicante. Dalle affermazioni riportate sopra sembra invece che anche in campo educativo e a livello professionale la strada da fare sia ancora tanta.

L’idea purtroppo molto diffusa è che l’adozione comporti inevitabilmente e in modo assoluto delle problematiche importanti a livello comportamentale, scolastico o scarsa possibilità di realizzazione. Lo stupore si genera nel momento in cui si scopre che non è sempre così e l’unica cosa che rimane da dire è appunto “Non sembri”.  

L’adozione non giustifica il pregiudizio

Certe idee rischiano di divenire il primo ostacolo e limite all’effettivo processo di sviluppo di bambini e bambine che hanno avuto la fortuna di vivere l’esperienza dell’adozione. In questo modo non si vuole negare la possibilità che possano presentarsi delle difficoltà, anzi, farlo non consentirebbe di mettere in luce i reali bisogni di bambini e bambine che hanno un loro vissuto. Tali difficoltà possono dipendere da molti fattori quali esperienze passate, età, ingresso in un nuovo ambiente, scuola e in generale da tutta la complessità delle relazioni che si vivono crescendo. Va detto anche che tutto questo può succedere a chiunque viva o abbia vissuto esperienze che in un modo o in un altro sono state particolarmente significative.

La consapevolezza di possibili difficoltà nel percorso di vita da parte di professionisti e non, può essere un nuovo punto di partenza per costruire relazioni solide e qualitativamente rilevanti per lo sviluppo futuro della persona e il suo percorso formativo. Ciò che è importante avere presente è che l’esperienza dell’adozione non può e non deve essere una motivazione valida per giustificare pensieri, e di conseguenza azioni, che negano la possibilità di vivere serenamente, realizzare i propri sogni e desideri e raggiungere obiettivi o ancora, dare per scontato che tutto questo non sia possibile.

Prospettive e considerazioni

L’ idea dell’esperienza dell’adozione come condizione di svantaggio a livello individuale e sociale è fortemente limitante e limitata. L’ambiente e il contesto di vita, insieme a caratteristiche individuali, rendono le persone quello che sono e quello che saranno e possono fare la differenza in ogni percorso di vita, poiché niente è predeterminato. Cosa fare allora? A partire dalla scuola si potrebbe pensare ad una maggiore sensibilizzazione e una formazione adeguata del personale docente che soprattutto oggi si trova di fronte a continue e nuove sfide.

La scuola potrebbe essere un luogo chiave e potrebbe rappresentare un’occasione preziosa per favorire la conoscenza della complessità di un’esperienza come quella dell’adozione.

Tornando a me, credo che essere stata adottata sia stata davvero una seconda possibilità che la vita mi ha offerto, una possibilità preziosa che non può essere certo minata e sminuita da dinamiche sociali così superficiali e legate a certi stereotipi. La mia esperienza mi ha insegnato e confermato che aver vissuto in un contesto favorevole e aver avuto una famiglia che mi ha accolta prendendosi cura di me, non solo da un punto di vista materiale, ma soprattutto relazionale e affettivo,  ha fatto davvero la differenza. Se avessi basato la mia vita o le mie possibilità abbandonandomi a certi pregiudizi sicuramente oggi non avrei raggiunto i miei obiettivi e non avrei sogni o aspettative per raggiungerne ancora tanti altri.

Francesca Nencioni

Pedagogista


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