
Una storia di adozione di un neonato. Di solito si tratta di bambini non riconosciuti alla nascita, nati cioè da donne che hanno scelto il parto in anonimato. Bambini per i quali, passati alcuni giorni, si procede all’adottabilità.
Dalla fecondazione artificiale all’adozione
Il desiderio di un figlio è sempre stato nel mio profondo sentire. Così, dopo un tentativo fallito con la fecondazione assistita, mio marito ed io abbiamo imboccato senza esitazione la strada dell’adozione. Giovani, allora avevamo rispettivamente 34 e 32 anni, speranzosi nella vita, abbiamo iniziato il percorso dopo tre anni di matrimonio, ad un’età ben inferiore agli standard medi. Abbiamo tenuto aperta sia la porta dell’adozione internazionale che quella dell’adozione nazionale, all’inizio concentrandoci sulla prima.
Abbiamo affrontato lo studio di coppia della ASL con estrema serenità, partecipando agli incontri di gruppo e ai colloqui con allegria e ottimismo, già assaporando, nelle nostre fantasie, il momento in cui una nuova vita sarebbe entrata nel nostro stare insieme.
L’attesa e la burocrazia nell’adozione internazionale
Nella nostra storia l’attesa è stata la parte più dura. Abbiamo dato l’incarico ad un ente che ci ha fatto attendere tre anni senza darci mai informazioni sullo stato della nostra pratica, tanto che, spazientiti, abbiamo minacciato di revocare il mandato se non ci facevano presentare i documenti in almeno due paesi esteri con cui intrattenevano rapporti. Per la formazione del fascicolo da inviare all’estero era richiesta l’autenticazione di alcune foto e della dichiarazione dei redditi. La cosa assurda è che nessun ufficio del comune della nostra città voleva autenticarli perché “non di loro competenza”. Siamo dovuti ricorrere ad un funzionario di un altro comune, una signora dal cuore immenso che ci ha confortati e supportati nel nostro intento. Dopo la fatica e l’afflizione nel preparare i documenti avevamo qualche speranza in più di essere chiamati visto che, fino ad allora, risultavamo iscritti solo all’Ente, ma non c’era traccia di noi in nessuna lista d’attesa nei paesi da questo gestiti. In realtà passarono ancora sei mesi senza alcuna notizia.
L’attesa nell’adozione nazionale
Anche nell’Adozione Nazionale abbiamo superato i tre anni canonici della validità della nostra pratica e quindi abbiamo dovuto rinnovare la nostra richiesta. Dopo sei mesi dal rinnovo il Tribunale dei Minori ci ha chiamato. Siamo andati all’incontro positivi com’è nel nostro stile. Avrei accettato qualsiasi bambino, anche con piccoli problemi di salute, forte della presenza di mio marito che è medico. La giudice è stata molto gentile con noi a diversità della coppia assistente sociale e psicologa dell’ASL di cui ho un ricordo non propriamente felice. Ci ha parlato di una bimba nata prematura, di soli pochi giorni. “Ci faremo sentire” – questa frase ha smorzato un po’ il nostro entusiasmo all’incrociare altre due-tre coppie nella sala d’attesa, trepidanti come noi. “Ce ne faremo una ragione” – ci siamo detti e siamo partiti, destinazione Milano, a trovare un nostro caro amico approfittando della giornata di ferie.
La telefonata del Tribunale dei Minori
Non ancora sul treno, dopo appena quaranta minuti, una telefonata dal Tribunale ci avvisa che siamo stati scelti per quella bimba e che dovevamo presentarci dopo dieci giorni.
E’ impossibile descrivere lo stato d’animo del momento. Con i lacrimoni agli occhi e un’energia esplosiva che invadeva le nostre anime abbiamo consumato due ricariche per avvisare amici e parenti. Ma le emozioni non erano ancora finite: appena arrivati a Milano una nuova telefonata ci comunicava che i tempi erano stati anticipati e che la bimba potevamo averla già il giorno successivo. A questo non ero proprio preparata. Una mamma di solito ha nove mesi per organizzare l’evento, io neanche ventiquattrore! Trafelata, ho attivato una mia amica diventata mamma qualche anno prima. Al mio ritorno a casa c’era tutto pronto, dalla culla al vestiario e suppellettili vari come se un Angelo fosse passato di lì e avesse esaudito ogni mio desiderio. E’ inutile dire che con questa mia amica ho un rapporto speciale che si è saldato da questa sua dimostrazione di affetto in un momento tanto importante della mia vita.
Il giorno dopo, siamo arrivati emozionatissimi ai Servizi Sociali, camminando dietro ad una carrozzina ancora vuota. Abbiamo aspettato pochi minuti in una stanza piena di disegni colorati. Ed ecco, si apre la porta e arriva lei, piccolina piccolina in un vestitino rosso e bianco con scarpine da bebè abbinate. Era bellissima. La signora che la stava cullando me l’ha data in braccio e ….sono diventata mamma! Mia figlia era di una tranquillità serafica, mio marito ed io un po’ meno. La guardavamo con occhi languidi incantati.
L’idea della seconda adozione
Ora ha otto anni. E’ cresciuta e ha mantenuto i suoi lineamenti delicati. Da tempo ci chiede un fratellino così abbiamo fatto tutto il percorso per una seconda adozione nazionale. Sono passati cinque anni e non ci hanno ancora chiamati. Ormai ci siamo messi l’animo in pace e ci godiamo la nostra piccola meraviglia.
Per chi, come noi, desidera una famiglia numerosa e si ritrova con una sola figlia il pensiero di non averne altri rattrista un po’. Ma riconosciamo anche di essere stati molto fortunati perché tutto ciò che ci è successo ha dell’incredibile: ogni evento si è compiuto per condurci a lei.
Alle coppie in attesa mi sento di dire di non demordere, di circondarsi e frequentare altre coppie adottive. La vicinanza di chi ci è già passato è stata per noi un grande sostegno.
Anna
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