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10 Gennaio, 2021

Affido e razzismo. Cosa possiamo fare?

Una nuova lettera al dottor Bonato
ItaliaAdozioni
insieme a favore di una migliore cultura dell'Adozione e dell'Affido

Un nuovo quesito per il Dottor Bonato che riguarda la delicata realtà del razzismo. Se avete domande per il Dottor Bonato scrivete a redazione@italiaadozioni.it.

Gentile dott. Bonato,

innanzitutto la ringrazio per le sue bellissime risposte che ho letto con molto interesse; le scrivo per porle una questione che mi sta molto a cuore.

Sono la mamma affidataria di una ragazza italiana il cui papà è egiziano, la mamma italiana. Il papà le ha lasciate e non è più rintracciabile. Lei è una bella ragazza ma si vede lontano un miglio che non ha lineamenti e colore italiani, se così si può ancora dire, purtroppo alcuni lo notano e le fanno apprezzamenti non graditi!

Ormai ha 17 anni ed è molto toccata dal “razzismo” che le capita di sentire anche direttamente rivolto a lei. Si arrabbia e si sente impotente. Anche io sento che mi mancano le risorse per poterla aiutare, lei mi rinfaccia di non poter capire cosa stia passando e che le mie risposte (non farci caso, sono delle persone che non valgono quanto te, la gente ha paura del diverso ecc.) non la soddisfano per niente, ma la fanno arrabbiare e non la aiutano. Credo che lei si sforzi in tutti i modi di sentirsi italiana, si fa stirare i capelli e si copre di fondotinta, ma io e mio marito siamo preoccupati perché ha già una bassa autostima e si nasconde invece che essere orgogliosa di quello che è. Lei continua a dirmi che un conto è sapere che succedono certe cose, un conto è sentirsele rivolte contro, che io non posso capire. Lo credo! Molte volte mi è capitato di giudicare frettolosamente e poi di cambiare idea una volta che ho provato cosa vuol dire sulla mia pelle!

Avrei dovuto pensarci prima, negli incontri di preparazione all’affido non ne avevamo mai parlato e forse io ho affrontato superficialmente la cosa.

Come posso aiutarla secondo lei?

La ringrazio in anticipo per la sua risposta. Un caro saluto

Gemma e Giovanni

Gentili Gemma e Giovanni,

ho letto più volte la vostra lettera piena di sofferenza.

Capire è impresa ardua, a volte impossibile, perché la vita pone delle domande che non trovano risposte  in grado di consolare e dare pace alla nostra mente confusa e al nostro cuore turbato. E raramente possiamo  impedire la sofferenza alle persone che amiamo.  Aveva ragione “il Piccolo Principe”di Saint-Exupery quando diceva  che “l’essenziale è invisibile agli occhi, si vede bene solo con il cuore”.  State affrontando una situazione che vi sta molto “a cuore”, che vi sottopone a una prova severa. A volte sembra di non avere un cuore intelligente, dotato di empatia,  capace di ascolto rispettoso, di osservazione partecipe, di silenzio.

Razzismo e autostima

Anna,  chiamiamo così la giovane della quale ci parlate, non può cambiare la testa a chi l’ha piena di disprezzo e di volgarità. Nessuno ne sarebbe capace. Illusorio si rivela il suo tentativo  di trasformare il proprio  aspetto fisico. Verosimilmente vive una rabbiosa impotenza per la “sorte” che le è toccata. Non è in grado di cogliere, o le sembrano  piccola cosa, anche i vostri gesti di cura e i sentimenti di stima che nutrite per lei e la stessa vostra condivisione del suo dolore, la comune impotenza che vi fa molto intimi.

Dubita di voi come dubita di se stessa. Solo arrivando a comprendere,  poco a poco il senso e la radice del proprio dolore nella sua storia “ingiusta”, Anna  potrà cominciare  a volersi  bene e a  stimarsi quanto voi ritenete lei meriti.

Vi scoraggiate. E vi sfiora il dubbio che la stessa disponibilità ad accoglierla nella vostra casa e nella vostra famiglia come  una figlia sia nata da un moto di presunzione o da superficialità, perché in passato non vi siete prefigurati, e non era facile, i possibili scenari che avrebbero potuto presentarsi, nel corso del tempo.

Soluzioni con gli operatori del Centro Affido

Capita, non  sorprende affatto,  che gli affidatari si sentano cadere le braccia e  siano attraversati dalla voglia di  declinare il compito accettato.  Anche all’interno di una coppia  affiatata e motivata sorgono difficoltà di intendersi sul modo di procedere e di comportarsi con il minore in affido.

Se non è stato fatto prima, è tempo di chiedere ascolto agli operatori del consultorio: psicologo e assistente sociale. Pensare, riflettere insieme a loro in un contesto discreto, con  tempi adeguati, con cadenza regolare, e  per la durata necessaria, spesso consente a tutti  di mettere meglio a fuoco il momento e il problema critico che si vive e di superarlo.  E’ loro dovere professionale non lasciare sole, allo sbaraglio le persone e le famiglie che accettano di aprire la propria casa e la propria famiglia a quei bambini e ragazzi che hanno bisogno di un rifugio sicuro e caldo per il tempo necessario e utile a loro.

Anche chi si prepara ad esercitare la professione di psicologo spesso si sottopone a un lungo training analitico con l’aiuto di un collega anziano, esperto, per affrontare le proprie fragilità e i propri conflitti inconsci, e apprendere l’arte della cura e  avvicinarsi con sensibilità e la  giusta distanza emotiva alle sofferenze dei propri pazienti.

I buchi nella storia di Anna

Non conosciamo la storia di questa giovane e l’infanzia che ha vissuto. E stata desiderata, attesa da genitori contenti, curata da mani e parole in grado di darle sicurezza e piacere di vivere? O si è trovata subito, o poco dopo, spaventata da litigi:  urla, violenze, disprezzo, silenzi ostili  che congelano l’anima e la rendono un deserto?

Forse Anna si vive come il frutto acerbo e malato di  una unione sbagliata fra persone, nate in terre diverse,  appartenenti a etnie diverse, incompatibili  per aspetto e cultura che solo affetti profondi possono rendere irrilevanti, al punto  che le stesse diversità possono rivelarsi una grande ricchezza e una opportunità preziosa di arricchimento vicendevole.

Che età aveva Anna quando il padre se n’è andato ed  è scomparso? Come ha reagito all’evento? Può sospettare di avere avuto un qualche ruolo in questa rottura traumatica fra i genitori? Talvolta i bambini si caricano di colpe che non hanno, ma pesano lo stesso nella loro testa e nel cuore.

Anche la madre di Anna doveva vivere uno stato di  impotenza, senza soccorso,  incapace di aiutare la figlia a crescere, se i Servizi di territorio e il Tribunale per i Minorenni hanno deciso di affidarla a voi.

Per di più, in questo tempo, Anna vive la magnifica e scomoda condizione di “adolescente” con tutti i conflitti, gli entusiasmi e le inquietudini che inevitabilmente  attraversano  quell’età, compresa la rimessa in crisi della propria identità di  bambina e la tormentata, incerta costruzione di una identità personale nuova, più integrata, più matura. Quel periodo lungo nel quale la fretta di bruciare le tappe e le acute nostalgie dell’infanzia creano ansie dolorose per le perdite necessarie e  rabbie per gli ostacoli che si frappongono alla realizzazioni di  sogni e di progetti che si vorrebbero a portata di mano. E’ il tempo nel quale il corpo si trasforma e la sessualità libera pulsioni intense, improvvise accensioni del cuore difficili da custodire e contenere in una mente capace di pensiero per conseguire con una speranza tenace e paziente una vita  serena e sicura.

La presenza dei genitori affidatari

Le premesse, condensate in questo mio ipotetico ritratto di Anna e di ricostruzione della sua vita, delle sue domande e della sua sofferenza, fanno capire che il suo e il vostro compito è arduo, anche se non impossibile. E ce la state mettendo tutta. Ed è quanto basta e serve.

Quanto alla “impossibilità” di capire se non si è prima “provato sulla propria pelle” qualcosa di simile o di uguale, mi viene in mente la vicenda di un grande scrittore che era tornato, miracolosamente vivo, da un campo di sterminio tedesco…non è mai stato in grado di raccontare ad alcuno nulla di quella esperienza. Non trovava le parole adeguate per dirla e dubitava profondamente che qualcuno potesse ascoltarlo e credergli. …Ciò che gli ha permesso di sopravvivere a quell’inferno è stata la “memoria del bene” di tutto il resto della  sua vita, oltre agli attimi di vicinanza e di conforto da parte dei compagni di sventura.

Ecco ciò che può aiutarvi in questo tempo di tribolazione: poter custodire, come un tesoro prezioso, tutto quanto di bello e allegro avete vissuto e vivete insieme ad Anna  anche di piccolo, breve e apparentemente insignificante.

Augusto Bonato

Psicologo-psicoterapeuta, già giudice onorario al Tribunale per i Minorenni di Milano

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