
Oggi si festeggiano le mamme. In questi ultimi 30 giorni siamo tutti venuti a conoscenza di quattro storie di mamme in difficoltà. A loro e a tutte le mamme in fatica un abbraccio. Alle mamme che non ci sono più un pensiero. Alle mamme, anzi a ogni mamma presente e futura: auguri!
“Mamma.”
“Dimmi Amore”
“Ma io ero nella tua pancia?”
Cervello in tilt. Mani che iniziano a sudare. Panico negli occhi. Voce che trema. Il mondo intorno a noi sparisce, in un attimo. Ci siamo solo io e lei.
Solo che il mondo intorno a noi vuole ricordarmi – subito – che è sabato mattina e che sì, siamo in pieno centro città. E il sabato mattina, in pieno centro città, c’è pure il mercato.
Ah, ecco, siamo anche appena uscite dal supermercato e ho in mano 3 borse della spesa cariche manco non mangiassimo da 2 mesi, e quindi niente, questo panico me lo devo gestire in mezzo alla strada, con la gente che appena ti fermi, ti viene addosso e mio marito che – accidenti – è al lavoro e quindi sono da sola.
E così, in questa frazione di secondo, ti vengono in mente le parole sante dell’assistente sociale durante il corso preadottivo: “Queste domande i vostri figli ve le faranno nei momenti più impensati: quando siete di corsa la mattina per andare al lavoro, mentre siete sotto la doccia, un secondo prima di entrare a scuola, etc. I genitori adottivi ci raccontano sempre di situazioni improbabili, in cui si sono trovati a rispondere alle domande più difficili”.
Ed eccoti qui, mia situazione improbabile, ti stavo aspettando con ansia.
Appoggio le borse a terra, mi abbasso all’altezza di mia figlia (all’epoca 3 anni circa) – un cagnolino mi annusa, una signora mi sbatte la borsetta in testa, un ragazzo in bici mi fa un pelo – la guardo negli occhi e con un filo di voce “No, Amore mio”.
Avrà sentito? ho avuto una voce abbastanza ferma? l’ho guardata in modo abbastanza amorevole? maledizione, perché non l’ho presa in braccio? –
“Oh. Ma quindi in che pancia ero?”
“Eri nella pancia di un’altra
(oddio cosa dico? donna? signora? essere umano? persona?… mamma?)
ecco si, eri nella pancia di un’altra ragazza, Amore.”
Un secondo di silenzio. “Ah, ok. Mamma mi compri il gelato?’”
Ed ecco, si è conclusa così. Solo per ora, lo so. Questa domanda, la più difficile, prenderà sempre più forma nella sua mente, diventerà sempre più concreta e bisognosa di risposte, che noi non abbiamo e che, forse, non avremo mai. E se ora, che è così piccola, le basta questa risposta, se ora il gelato è sicuramente un’esigenza più impellente, tra pochi anni non sarà più così e questa, probabilmente, sarà l’unica domanda che conta.
Almeno per un periodo, forse per sempre.
Spesso il “tema adozione” ruota intorno alle adozioni internazionali o all’adozione nazionale di bambini arrivati già grandicelli, con un passato alle spalle, con un vissuto che loro stessi ricordano o di cui hanno perlomeno qualche sbiadita immagine.
Bambini che sono consapevoli della loro storia, e la cui storia influisce sul percorso adottivo e di vita; una storia presente, importante, preponderante, che a volte fa paura, che a volte viene dimenticata, che spesso si cerca di dimenticare. Ma che c’è, con tutti i risvolti positivi o negativi che questa storia porta con sé.
Nel caso di bambini abbandonati dai genitori biologici alla nascita, invece, non c’è alcuna storia. A volte poche informazioni, alcuni dettagli che ti vengono raccontati dal giudice in fase di abbinamento. A volte neanche quelli. Un NULLA che spaventa.
Un nulla che si spera di sapere in qualche modo raccontare, un nulla che forse resterà senza domande e che in tantissimi casi non avrà risposte.
Un NULLA a cui si spera di saper trovare un significato, che speriamo di saper trasformare in un TANTO, pieno di Amore, pieno di altre risposte, pieno di desiderio di vita e di felicità.
Un nulla che ci ha permesso di essere qui, oggi, di essere questa famiglia, con questa figlia, con questa vita.
Ed è forse questo, semplicemente, il senso più bello che possiamo dargli.
Paola Moschini
0 commenti