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04 Giugno, 2021

Cara Anna, cara straniera, cara figlia mia

L’attesa e l’incontro, il Paese d'origine e le emozioni narrati sotto forma di lettera.
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La vincitrice del Festival delle Lettere, edizione 2013, Francesca Corti, ci delizia con un’altra lettera dedicata alla figlia Anna. Ad Anna era dedicata anche “La lavatrice del cuore”, che oltre ad avere vinto nella categoria “Lettera di un’adozione 2013″, ha dato il titolo allo spettacolo teatrale di grande successo con Maria Amelia Monti.

Cara Anna, cara straniera, cara figlia mia, scriverti non è mai facile, perché mi costringe a pensare.

Pensare che la nostra non è una famiglia come tante altre, il nostro rapporto madre-figlia non è come quello di tante altre madri e figlie, la tua vita – ed il suo inizio- sarà diversa da quella di tante bambine.

Ti ho aspettato tanto, per 3 anni.

Ho passato 3 anni a pensare a come sarebbe stata la mia seconda figlia, ad affrontare la curiosità, la stupidità e la cattiveria di tanta gente che non capiva la mia scelta, ad immaginare il nostro incontro, il nostro primo sguardo, la nostra vita insieme.

Avevo immaginato un incontro da favola romantica, un amore smisurato fin dal primo momento, giorni che scivolano veloci e lievi, io e te sorridenti insieme.

Poi, come sempre, hai deciso tu come doveva andare.

Ed è andata tutta all’opposto, niente favola rosa, niente giorni lievi, ma fatica e sudore, e smarrimento, e stupore.

Forse non volevi una mamma così bianchiccia, con dei capelli così lisci, che fine avevano fatto le tate scure e ricce dei tuoi primi 8 mesi di vita?

E questa casa, così diversa dal tuo tukul, questo clima lombardo, così strano rispetto a quello etiope, questa vita difficile e impegnativa, tanto faticosa rispetto alle tue giornate trascorse in un lettino nel nido del Villaggio.

Non volevi braccia che ti cullassero, ti bastavi da sola, perché affidarti a qualcuno quando avevi dovuto imparare ad arrangiarti fin dai primi mesi di vita?

Chi ti diceva che non sarebbe stato temporaneo?

Eri al Villaggio, in un lettino, tutto il giorno in attesa, di un abbraccio, di un biberon, di qualcuno che ti cambiasse il pannolino di cotone che avevi indosso.

Poi arrivavano alcuni adulti, genitori che andavano a prendere altri bimbi, ti facevano qualche coccola, tu sorridevi allegra, ti prendevano anche in braccio, per qualche giorno eri una bimba coccolata.

Poi loro tornavano in Italia, e tu ritornavi tutto il giorno nel tuo lettino.

Che fregatura, eh? E quando sono arrivata io, chi ti diceva che non ero una delle tante, che non me ne sarei andata dopo qualche giorno?

Hai alzato tutte le tue difese, con me. Niente baci, niente abbracci, vediamo quant’è la resistenza di questa mamma sbiadita, vediamo se è vero che, come dice lei, “mi vuole tanto tanto bene”.

È stata dura, cara Anna, ma tanto tanto dura.

Hai messo alla prova la mia pazienza, le mie certezze, le mie convinzioni. Ho tremato al pensiero di amare due figlie in due misure diverse, il nostro è stato un innamoramento lento, ma continuo, mattone dopo mattone, pianto dopo pianto, sguardo dopo sguardo.

Ho paura degli innamoramenti troppo veloci, mi sembrano fragili.

Il nostro è stato un avvicinarsi piano, un annusarci a vicenda e riconoscerci, finalmente, dopo mesi,dopo due anni, mamma e figlia.

Piccola straniera color cioccolato, sei entrata come un bulldozer nella mia vita, l’hai rimodellata come volevi tu, l’hai sconvolta e l’hai resa bellissima.

E ora non ho più paura, quando mi chiedi come si chiamava la mamma che ti ha messa al mondo, quando mi chiedi perché tu sei scura, e io son bianca,quando penso che non ti ho messa al mondo io.

Piccola straniera, figlia mia, sei diventata parte di me, e lo sarai per sempre.
La tua mamma.

Francesca

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