
di Katia Ranalli (diritti riservati)
Blog: Katiaranalli.blogspot.com
Simone è in prima media e per domani deve studiare cinque pagine di storia. Arrivato a casa, apre la cartella e la prima cosa che fa è accendere il computer. Nel frattempo, tira fuori diario, libro ed evidenziatore. Cerca la pagina e legge il titolo “La vittoria definitiva dei Romani”. Apre i software che gli servono e per un’oretta si sente una voce metallica che recita date, personaggi ed avvenimenti, alternati ai “click-click” dei tasti che Simone preme. Ogni tanto va in salone e chiede alla mamma se ha capito bene, poi torna al computer e ricomincia. Alla fine torna con la sua mappa e la mette tra i suoi schemi. Simone è dislessico e lo sa già da qualche anno. Nonostante le sue fatiche, anche oggi ha studiato.
Che cos’è la dislessia
La dislessia è una mancata automatizzazione dei processi di lettura, a fronte di un’intelligenza nella norma. E’ un disturbo evolutivo, che si manifesta in maniera differente nelle diverse età. Per esempio, nei primi anni della scuola primaria, le difficoltà saranno più nel verso in cui il bambino scrive le lettere o i numeri, oppure nella fatica che è per lui leggere diverse volte il testo assegnato dalla maestra. Più avanti, il problema potrebbe manifestarsi invece nel trattenere, mantenere e gestire le informazioni che deve avere per fare una buona interrogazione. Nel nostro caso, quando legge, Simone è lento, scorretto e investe talmente tante energie per decodificare il testo, che non gli resta “spazio mentale” per comprendere. Per questo può e deve utilizzare degli strumenti.
“Quali sono gli strumenti giusti per me?” mi chiede; “Simone, sai dove è scritto?” gli rispondo. “Sì, sul P.D.P.”.
Il Piano didattico Personalizzato o P.D.P.
“Bravo Simone, hai studiato!”. Il Piano Didattico Personalizzato, compilato dalla scuola a inizio anno, oppure all’inizio di ogni ciclo è un documento che viene redatto dalla scuola e che racchiude le osservazioni che tutti gli “enti” che conoscono e lavorano con il bambino (Scuola, Famiglia, Specialisti) condividono, per permettergli di rendere a scuola al meglio, tenendo conto delle sue difficoltà, potenzialità e caratteristiche.
Così come ogni bambino è diverso, anche ogni piano avrà delle differenze, perché lo scopo è quello di far sì che ognuno abbia gli strumenti che può mettere in gioco.
Gli strumenti per la dislessia
Nel momento in cui un ragazzo fa fatica a leggere (è significativamente dunque più lento dei compagni) e non comprende quello su cui sta lavorando, oltre al lavoro con gli specialisti per la corretta diagnosi delle difficoltà e dei processi cognitivi e un lavoro di riabilitazione sul versante logopedico, è utile procurargli:
– I libri digitali: sono i libri di scuola (proprio gli stessi libri!), che l’associazione italiana dislessia, insieme alla fondazione Telecom fornisce gratuitamente, tramite spedizione di cd oppure con un download diretto, alle famiglie di ragazzi con certificazione DSA, facendone richiesta.
– Un software che utilizza la sintesi vocale (come può essere “Leggixme“): è un programma che permette al ragazzo di selezionare il testo che deve studiare (avendo i libri digitali) e ascoltarlo, anziché leggerlo, oltre che leggergli quello che lui scrive, di modo che si possa autocorreggere.
– Un computer, possibilmente maneggevole e che il ragazzo possa sempre avere con sé quando deve studiare e quando è a scuola.
– Un tutor (magari esterno alla famiglia e competente nell’uso dei suddetti strumenti, oltre che nei processi di apprendimento), che gli insegni ad utilizzare un metodo che sia sistematico, condiviso e che sfrutti le sue caratteristiche, di modo da renderlo sempre più autonomo e competente nel lavoro che fa.
– Delle tabelle organizzate, sugli automatismi più specifici, che il ragazzo possa consultare nel momento in cui la prestazione richiesta è quella di memorizzare delle procedure che il ragazzo non ha.
Alleanza scuola-famiglia-specialisti per il benessere dell’alunno
Ci sono anche altri strumenti pratici, a seconda della necessità. La prima cosa però importante è che si riesca a creare un “terreno condiviso” tra scuola, famiglia e specialisti, facendo sentire al ragazzo che si sta facendo la cosa più giusta per lui. Bisogna porsi come obiettivo, in mio parere, il seguente: il benessere del ragazzo, facendo sì che ci siano le condizioni perché possa dare il meglio con le proprie risorse.
Il rischio più grande infatti è quello che si possa sentire “diverso” o “non compreso” e basta una parola sbagliata, che possiamo dire tutti, per far saltare questo equilibrio che influenza in modo importante e decisivo l’autostima e la percezione che lui vale. Faccio degli esempi pratici di frasi da evitare assolutamente con i ragazzi: -Mamma: “Hai preso solo 7? Ma come, con tutta la fatica che ho fatto” (problemi: egocentrismo, voto, confronto con gli altri); -Specialista: “Sei intelligentissimo! Non è possibile che tu vada a scuola e gli insegnanti non ti facciano utilizzare tutti gli strumenti!” (problema: delega della responsabilità a lui e il fatto che si sminuiscono altri modelli educativi, come i docenti); -Insegnante: “ Ancora con queste mappe (sbuffando); se devi proprio usarle, usale, ma sappi che non potrò mai darti il massimo e comunque se leggi è troppo facile” ( problema: non si tiene conto a pieno delle difficoltà dei ragazzi e anche il fatto che per creare questa mappa magari c’è voluto molto tempo ed energia)
Gioco di squadra
Tutti vogliono sicuramente che il ragazzo che si ha di fronte sia un bravo figlio, un bravo studente, un bravo ragazzo. Il punto è proprio questo. Non basta volerlo, bisogna fare tutti un passo indietro, chiedendosi “qual è il suo bene? Quali sono i suoi limiti effettivi? Dove e come posso intervenire per far sì che possa fare la sua parte a meglio?”. Questo costa fatica ai famosi “agenti” di cui sopra. Ma è proprio questa fatica, questo mettersi in gioco e personalizzare il lavoro con ognuno, questo “gioco di squadra” che permette i ragazzi di essere messi in condizioni di dare il massimo e crescere come persone che possano credere in un futuro positivo e poi trasmettere i valori che hanno ricevuto a tutti quelli che incontrano.
Daniele Somenzi
Dottore in psicologia dello sviluppo e dei processi evolutivi
si occupa di metodi di apprendimento in ragazzi DSA
Responsabile del centro “Parole Insieme” di Gallarate
http://paroleinsiemeds.altervista.org
0 commenti