
Riceviamo il punto di vista di una donna adulta adottata, che esprime il suo parere sulla fecondazione eterologa con toni particolarmente accesi e sofferti. Cosa ne pensate? Confidiamo in un dibattito civile e costruttivo su un tema complesso e molto dibattuto.
Alla ricerca di un bambino su misura
È questo un momento storico in cui si stende l’ombra minacciosa di un futuro fatto di figli-pupazzi – uso un termine forte per chiamare gli ignari figli della fecondazione eterologa, quanto forte è la realtà che stiamo vivendo – Se si può, infatti, comprendere il desiderio di avere un proprio figlio biologico, e di ricorrere all’adozione solo quando si sia verificato che ciò non è possibile, nessuno riuscirà mai a convincermi che, pur di avere un figlio, si possa costruirselo a pezzi, perché, in futuro prossimo, che inizia già dal momento del concepimento, quei pezzi non si incolleranno mai, nonostante la migliore buona volontà, e ottimali condizioni di vita.
Secondo me si deve amare un figlio, non “l’idea di un figlio”.
E, con l’eterologa, è proprio l’idea che prevale sul bambino, e, anche se, successivamente, egli, quale novello Pinocchio, si trasformerà in carne e sangue e in un essere vivente completo, nessuno potrà togliergli quello svantaggio al quale gli stessi genitori lo hanno condannato.
La fecondazione eterologa, soprattutto se declinata con le modalità che, attualmente, stiamo registrando, nel massimo disprezzo della donna e dello stesso valore della maternità, è uno schiaffo all’adozione, un rifiuto dei figli già nati, e come tale, non potrà che screditare agli occhi della massa lo stesso istituto adottivo, che, se oggi ritenuto ancora in gran parte di serie B, dovrà accontentarsi della serie C.
C, come Compensazione, C come Capriccio, C, come Costruzione.
Ma un figlio non si costruisce, manco fosse un robot, un figlio si sviluppa, da un embrione prima, e dall’amore poi. Il suo corpo fiorisce, quanto la sua personalità, attraverso lo sviluppo, programmato dalla natura, che pare ne sappia ancora molto più di noi.
La natura si può migliorare, le malattie possono essere curate con sempre nuovi farmaci, la morte allontanata attraverso risorse prima inesistenti: il progresso scientifico è qualcosa di profondamente sano, quando si mette al servizio dell’uomo, ma non quando ne voglia stravolgere la stessa umanità.
La relazione di coppia nell’eterologa e nell’adozione
Un’altra riflessione che mi suscita il ricorso all’eterologa, è legata alla relazione di coppia: se uno dei due verrà a trovarsi, insieme, nella condizione di genitore biologico e di fatto, e l’altro no, ci sarà uno sbilanciamento oggettivo, che, magari accettato, o addirittura rimosso, potrà emergere, in seguito, in momenti di particolare tensione. Non così nel caso dell’adozione, attraverso la quale si diventa genitori nello stesso modo, attraversando, uniti, un percorso difficile, imparando, insieme, ad annullare le distanze da quel figlio non generato, e a farlo diventare ogni giorno più figlio, come se ogni giorno si partorisse, mille e più volte, e, ad ogni parto, ci si innamorasse di più della propria creatura, dalla quale papà e mamma sono divisi in modo uguale dalla biologia, e uniti, alla stessa maniera, dalla volontà di essere genitori, e dal senso di responsabilità che ha spinto ad una promessa, fatta al bambino, ma, prima ancora, da una promessa reciproca di sostegno, condivisione e speranza.
Nell’adozione il bambino è accolto in famiglia così com’è
Da figlia adottiva devo dire che il senso profondo di accettazione, da parte della mia famiglia, mi proviene proprio dall’accoglienza riservata proprio a me, quale persona già nata, già costituita, e che mi sarei sentita artificiale se avessi saputo di essere stata fatta su misura.
Avevo già una mia taglia, che è stata accettata ed amata, e su quella mi sono stati misurati i vestiti. Avevo gli occhi scuri, e papà mi diceva che erano belli, avevo gli occhiali e mamma mi consolava mostrandomi cantanti famose dell’epoca miopi quanto me. Ero io, con le mie particolarità, che non somigliavano a quelle di nessuno dei due, ed ero amata per questo. Nascevo da una storia che non conoscevo, ma era una storia vera, umana, dolorosa, autentica, e quando l’ho conosciuta ho potuto far combaciare le due Emilia delle quali mi sentivo composta. Scorrevo nell’alveo di una corrente naturale, che mi rendeva uguale agli altri esseri umani, non avevo una madre d’ovulo e una di pancia, o un seme come padre, avevo genitori biologici a cui legare la discendenza del mio DNA, e genitori amatissimi, riferimento delle mie esperienze emotive, sociali, culturali.
Non sarà così, non potrà esserlo, per gli embrioni congelati che al posto del padre troveranno, tutt’al più una lettera con un nome nord europeo o spagnolo, oppure al posto della madre un ovulo russo e una pancia indiana. E sapranno di essere stati comprati, intanto che migliaia di bambini, nel mondo, aspettano il dono di una famiglia.
L’adozione è un libero scambio d’amore, e non uno scambio di mercato. Un figlio dovrebbe essere sempre frutto d’amore e non di una spesa volta a compensare ciò che la natura non ha previsto.
Io la penso così.
Emilia Rosati
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