
Il tema della genitorialità adottiva è stato discusso, recentemente, in un incontro organizzato dalla Regione Toscana e dagli altri attori istituzionali che operano nel campo dell’adozione e dell’affido.
Sono state presentate le maggiori criticità dell’adozione in Italia, le nuove prospettive di cambiamento, e quali politiche sociali sarebbe necessario potenziare per raggiungere nuovi risultati.
Il focus
Il focus si è concentrato sulle famiglie adottive e sul minore, protagonisti indiscussi di questo percorso di vita[1].
Non è un caso che queste iniziative provengono dalla Regione Toscana, da sempre attenta e all’avanguardia sui temi dell’adozione[2], dell’affido e della ricerca delle origini.
Negli ultimi decenni, attraverso numerose politiche sociali, sono stati sviluppato importanti progetti di promozione della genitorialità adottiva e biologica, e di tutela della donna e del minore[3].
Tuttavia, risulta fondamentale sviluppare la collaborazione tra i diversi attori istituzionali, e aumentare le equipe multiprofessionali che operano in questo campo.
Non solo, le politiche sociali dovranno, necessariamente, investire su una continua formazione degli operatori, una maggiore informazione delle aspiranti coppie adottive, e infine prevedere regole uniche che permettano ai diversi attori di collaborare in armonia sul territorio.
Il cambiamento della famiglia adottiva: come nasce la genitorialità adottiva?
La famiglia adottiva è continuamente chiamata ad adattarsi al cambiamento della propria genitorialità, e del proprio contesto di relazioni.
Innanzitutto, la coppia è chiamata ad un cambiamento “di vita”: rendersi conto di non essere in grado di procreare un figlio biologico è una realtà difficile da accettare.
In secondo luogo, la coppia è chiamata a “cambiare” durante il processo di valutazione come coppia aspirante adottiva. Non si tratta di un processo diagnostico, ma trasformativo, dove i servizi accompagnano la coppia in un processo di cambiamento, l’adozione del proprio figlio.
Inoltre, con l’abbinamento e l’inserimento del minore, la coppia si dovrà adattare ad un altro cambiamento, la vita quotidiana come famiglia adottiva, finora soltanto immaginata e adesso reale e presente.
Ad ogni modo, un simile sostegno da parte dei servizi risulta necessario, non perché i neo genitori siano inadeguati al loro ruolo, ma perché è naturale avere bisogno di una rete sociale di supporto per educare il proprio figlio.
Questo è direttamente collegato ai bisogni di sviluppo del bambino, che i genitori sono chiamati a soddisfare, e che si costruiscono all’interno della famiglia, ma anche della comunità di riferimento in cui la coppia vive e si relaziona.
Tuttavia, è importante sfatare alcuni miti riguardo l’adozione.
Innanzitutto, non esistono famiglie perfette per accogliere un minore, né tantomeno bambini perfetti da adottare.
Inoltre, non esistono neanche genitori perfetti ai quali affidare con certezza il minore.
Infatti, in un mondo delicato come l’adozione o l’affidamento, dovendo fare i conti con un passato spesso traumatico del minore, la certezza che vada tutto bene non può esistere.
Perciò, come servizi e comunità sociale, e come operatori, è necessario sostenere e aumentare i diversi accessi alla genitorialità adottiva, affrontare l’educazione dei minori in modo sistematico, quindi creare spazi e contesti funzionali a sostenere e co-costruire con i genitori lo sviluppo dei propri figli e della propria famiglia.
In particolare, non bisogna dimenticare che la genitorialità non è una caratteristica innata delle persone, ma una funzione aperta e fluida, dinamica ed evolutiva, che può essere appresa e va continuamente sostenuta e alimentata.
Tale sostegno alla famiglia adottiva deve, necessariamente, partire da un presupposto fondamentale.
La famiglia adottiva nasce da un incontro reciproco di due biografie, impegnate nell’accoglienza delle proprie storie, sia della coppia genitoriale che del minore adottato.
Questa è la cornice di partenza, dopodiché ogni famiglia adottiva è unica a modo suo.
Perciò, sostenere la famiglia adottiva significa non perdere di vista questa sua particolarità, così come la società entro la quale si inserisce e si sviluppa.
Conclusioni
Oggi, complice la pandemia mondiale che ha aumentato le distanze tra le persone, risulta fondamentale continuare a toccare con mano la crisi adottiva e supportare le famiglie adottive[4].
Solitamente queste famiglie sono chiamate a mostrarsi forti e infrangibili, senza debolezze, addirittura prima ancora di adottare.
Di fronte alla crisi adottiva sentiamo spesso le solite giustificazioni, per cercare a tutti i costi un responsabile di questa crisi[5].
Per questo motivo è essenziale lavorare oltre la cultura del fallimento, quindi lavorare sulle risorse delle persone e delle famiglie, rafforzando il supporto e l’informazione alle famiglie adottive.
Se è vero che l’adozione è un processo lungo e complesso, e che la dimensione adottiva non è temporanea ma è definitiva, allora vuol dire che si è una famiglia senza aggettivi o etichette.
Questo deve diventare l’obiettivo verso il quale crescere e collaborare.
L’unica risposta per potere rilanciare l’adozione è investire su una formazione continua degli operatori e aumentare il lavoro di equipe, perché costringe gli operatori al confronto e alla collaborazione continui.
Dott. Edoardo Scianò
[1] Questo evento è stata anche l’occasione per presentare un nuovo percorso formativo sull’adozione, che verrà erogato gratuitamente dall’Istituto degli Innocenti di Firenze e dal Centro Regionale di Documentazione sull’Infanzia e l’Adolescenza.
[2] In particolare, nella Regione Toscana, i centri adozione di area vasta hanno rappresentato un servizio innovativo, ai quali si rivolgono continuamente le famiglie, trovandovi un servizio pubblico competente e capace di offrire una relazione con l’utente, improntata all’accoglienza, alla disponibilità e all’orientamento.
Un servizio essenziale per un settore così delicato.
[3] Tra questi si ricordano il Progetto SER.I.O , il Percorso Mamma Segreta , e il Programma P.I.P.P.I. .
[4] Pensiamo, in particolare, ai minori che si sono trovati a vivere un contesto familiare, scolastico e sociale privo di certezze e di punti di riferimento.
Ma anche alle coppie adottive che hanno visto bloccata o sospesa l’adozione del proprio bambino, a causa di restrizioni nazionali e internazionali.
[5] Gli operatori non preparati a sufficienza, l’assenza delle istituzioni, i servizi e gli enti incompetenti, il bambino è troppo difficile da gestire, oppure i genitori adottivi che non sono in grado a fare i genitori.
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