
Luca ha 8 anni, frequenta la seconda elementare. Fin dalla scuola dell’infanzia le insegnanti lo descrivevano come un bambino impulsivo, che faticava a concentrarsi su un compito e a rispettare le regole. Alla scuola primaria il suo comportamento è diventato ingestibile. Sempre in movimento, riesce a fatica a stare seduto e la sua attenzione ha dei tempi molto brevi, tanto che a scuola è aiutato da un insegnante di sostegno e da un educatore.
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Spesso litiga con i compagni e capita che questi lo escludano e lo deridano. Quando torna a casa Luca è spesso triste, e chiede alla mamma come mai nessuno dei suoi compagni lo invita mai a casa o vuole partecipare alla sua festa di compleanno. Luca è un bambino iperattivo, con deficit dell’attenzione: l’ADHD (Attention Deficit Hyperactivity Disorder) è un disturbo neuropsichiatrico che colpisce circa il 4% della popolazione infantile mondiale. Secondo il DSM IV-TR (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders) è caratterizzato da tre tipologie di sintomi che devono presentarsi nello stesso tempo: disattenzione, iperattività e impulsività.
La disattenzione si manifesta con elevata distraibilità nello svolgimento dei compiti, nelle attività quotidiane o di gioco; fatica nell’organizzarsi e nel portare a termine un compito seguendo semplici istruzioni; difficoltà nell’impegnarsi in compiti che richiedono uno sforzo prolungato. L’iperattività si riscontra nella difficoltà nello stare seduto e fermo; bisogno di muovere continuamente mani e piedi; fatica nel dedicarsi alle attività in modo tranquillo; eccessiva loquacità. L’impulsività si evidenzia spesso come incapacità di attendere il proprio turno; bisogno di interrompere gli altri ed intromettersi nelle conversazioni; cercare di terminare un compito al più presto, in modo frettoloso prima di aver concluso.
Diagnosi: l’ADHD viene spesso diagnosticata solo con l’inizio della scuola primaria, dove al bambino è richiesto un maggiore grado di attenzione e concentrazione, ma alcuni dei sintomi sono già presenti prima dei 7 anni. Il bambino iperattivo fatica nello svolgimento dei compiti e non riesce a stare allo stesso passo con il resto della classe. Fatica soprattutto nelle attività che richiedono un impegno verbale, mentre ha risultati migliori nelle materie logiche. Non porta quasi mai a termine le attività che sta svolgendo, è agitato e irrequieto. Quasi sempre infatti diventa elemento di disturbo per la classe.
Le cause di questo disturbo non sono oggi ancora del tutto chiare. In ogni caso i ricercatori hanno evidenziato la possibile causa genetica del disturbo, che nasce da un deficit evolutivo nei circuiti cerebrali alla base dell’autocontrollo e dell’inibizione. Questo comporta una difficoltà nel mantenere l’attenzione e a controllare le risposte dell’ambiente esterno. Proprio per questo motivo i bambini con ADHD si distraggono facilmente, non riuscendo ad “escludere” dalla loro attenzione tutti gli stimoli che li disturbano mentre stanno svolgendo un compito.
Altre patologie correlate: spesso nel bambino con ADHD troviamo altre patologie associate quali il Disturbo della Condotta, caratterizzato da aggressività, ansia e bassa autostima; il Disturbo Oppositivo, che si manifesta con ritiro sociale e scarso rendimento scolastico; Ansia e Depressione. Queste patologie spesso compaiono come secondarie all’ADHD. Questo probabilmente a causa delle interazioni tra il bambino affetto da ADHD e l’ambiente esterno (es. ambiente scolastico, sociale e familiare). Il bambino affetto da ADHD infatti si trova spesso ad affrontare insuccessi scolastici e relazionali, con un conseguente crollo dell’autostima e della motivazione. Per questi motivi i bambini affetti da ADHD presentano anche problematiche nelle relazioni interpersonali.
Evoluzione nel tempo: circa due terzi dei bambini affetti da ADHD presentano questo disturbo fino all’adolescenza, mentre in un terzo dei casi il disturbo persiste in età adulta. L’adolescenza è spesso caratterizzata da problemi scolastici e dell’apprendimento. Nelle forme correlate con disturbo della condotta e disturbo oppositivo è possibile avere esiti negativi per quanto concerne l’adattamento psicosociale in età adulta. Questi esiti sembrano però legati al contesto familiare e sociale in cui il bambino cresce.
Come intervenire. L’intervento che appare più efficace nella cura dell’ADHD combina il Trattamento Farmacologico con quello Psicoeducativo. Il trattamento farmacologico si basa sulla somministrazione di psicostimolanti (es. Ritalin, metilfenidato), ossia dei farmaci che nel 70-80% dei casi migliorano l’attenzione e la coordinazione e diminuiscono l’iperattività. Solitamente si associa all’intervento farmacologico, che allevia i sintomi, un intervento psicoeducativo per aumentare le competenze sociali e relazionali e uno specifico training per genitori ed insegnanti.
ADHD e adozione. Sono molti i racconti di genitori adottivi che si ritrovano a crescere un bambino affetto da ADHD. Numerosi studi evidenziano che alcuni fattori quali l’utilizzo di alcool o droghe in gravidanza, la malnutrizione o l’assenza di stimolazioni psico-fisiche adeguate nella prima infanzia, su basi biologiche predisposte, aumenterebbero la probabilità di insorgenza di ADHD. Sembra infatti che bambini provenienti da alcuni paesi come Cina, Russia ed Est-Europa, siano più a rischio di sviluppare ADHD proprio perché esposti, in età prenatale o neonatale, ai fattori di rischio sopra citati.
Cosa fare se avete il sospetto che vostro figlio è affetto da ADHD? Essere genitori di un bambino con ADHD è un compito difficile e faticoso che richiede impegno e pazienza. Se avete il sospetto che vostro figlio abbia questo disturbo e notate i sintomi sopra citati:
– Rivolgetevi ad un Neuropsichiatra Infantile, un medico specializzato che può diagnosticare il disturbo e prescrivere la giusta terapia;
– Collaborate in modo attivo con le insegnanti di vostro figlio, cercando di sensibilizzarle verso questa patologia in modo che il bambino possa essere capito e aiutato senza essere colpevolizzato ed escluso per il suo comportamento;
– Mantenete una fitta rete sociale per voi e vostro figlio, in modo da favorire il confronto e le relazioni interpersonali;
– Supportate vostro figlio nello studio cercando di rinforzarlo positivamente quando ha un successo, in modo da coltivare l’autostima e la motivazione;
Infine sarà necessario un supporto per il vostro bambino in modo che comprenda la causalità delle sue azioni e le conseguenze del suo comportamento. A tale scopo potete utilizzare il metodo delle Storie Sociali (Gray, 2004). Quando vostro figlio ha un comportamento inadatto, inventate e disegnate delle storie in cui il protagonista si comporta come vostro figlio, facendo in modo che si identifichi con lui. Dopodiché inventate diversi possibili esiti della storia, in cui il protagonista agisce con modalità adeguate. Questo lo aiuterà a ragionare in modo concreto sulle sue azioni e sulle loro conseguenze.
Marta BernareggiPsicologa Clinica, specializzanda in Psicoterapia Integrata presso il Consultorio Familiare ASL di Vimercate. Svolge consulenze psicologiche e psicodiagnostiche individuali. Si occupa di sostegno e supporto alla genitorialità e percorso di sostegno individuali. Esperta in Psicodiagnostica Integrata e Disturbi Specifici dell’Apprendimento.
Bibliografia:
– A. Guareschi Cazzullo, C. Lenti, L. Musetti, M.C. Musetti. Neurologia e Psichiatria dello Sviluppo. McGraw Hill.
– American Psychiatric Association. A cura di Andreoli, Cassano Rossi. DSM-IV-TR. Masson.
– A.I.F.A. Associazione Italiana Famiglie ADHD. www.aifa.it, Marta Bernareggi
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