
Una comunità che non educa non è una comunità. Il benessere di un minore riguarda qualsiasi adulto al di là delle sue competenze professionali. Queste due frasi riassumono il messaggio base del convegno sull’affido, “L’affido è bello se ognuno fa la sua parte”, organizzato dal Tavolo Nazionale Affido all’interno di una programmazione nazionale per sensibilizzare sull’argomento*.
I numeri dell’affido in Italia
I dati sono del 2019 e sono stati forniti dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, Direzione generale per l’inclusione e le politiche sociali, nella pubblicazione “Quaderni della Ricerca sociale n. 49” – “Bambini e ragazzi in affidamento familiare e nei servizi residenziali per minorenni. Esiti della rilevazione coordinata dei dati in possesso delle Regioni e Province autonome”. Senza conteggiare i minori stranieri non accompagnati (MSNA), allora i minori in affidamento familiare erano circa 13.500, di questi il 57% era affidato a terzi (erano il 62% nel 2016) e il 43% a parenti (erano il 38% nel 2016) con incremento di quest’ultimi.
Per età la fascia preadolescenziale e adolescenziale è predominante (29,8% i ragazzi di età compresa tra 11-14 anni e 27,9% quelli dai 15 ai 17 anni). Nel 2019 il 39,1% degli affidi si protraeva oltre i quattro anni, mentre il 34% rientrava in famiglia. A conclusione dell’affido il 15,4% era successivamente inserito in servizi residenziali, il 12,6% in affidamento preadottivo o in altro affidamento; il 4,5% raggiungeva la vita autonoma.
Secondo l’Istituto degli Innocenti (2022) il 25% degli affidi è consensuale e il 75% giudiziale, cioè disposti dal TdM. Consensuale e giudiziale determina spesso il rapporto tra famiglia affidataria e famiglia di origine: secondo un’indagine 2021 dell’Università di Torino (2021) emerge che il 44% dei rapporti tra affido consensuale e famiglia di origine è buono, mentre lo è solo il 25% nel caso di affido giudiziale.
La Giornata Nazionale sull’Affido
Un anno particolare il 2022 dove si vedono varie iniziative in tutta Italia per mettere in risalto l’affido familiare in occasione della proposta di istituire la Giornata Nazionale sull’Affido, fissata per il 4 maggio di ogni anno e depositata alla Camera e che si spera verrà approvata per i 40 anni della legge giusto nel 2023 (L.184/1983). La Giornata Nazionale, infatti, per essere istituita necessita di una legge dello Stato. Tale data vorrebbe ricordare che i bambini hanno diritto a vivere nella loro famiglia e ribadire che solo quando ci sono motivi seri e insuperabili, devono trovare risposte affettive e educative in una famiglia altra. Ma diventerebbe anche un momento di riflessione e dibattito tra operatori e famiglie, di promozione di buone prassi e soluzioni alle richieste di tanti minori in difficoltà. Per non sottovalutare il rilancio della figura dell’affidatario, un adulto che accoglie la sfida e prende sul serio il suo ruolo di cura delle nuove generazioni.
A questo riguardo si ricorda che l’affido ha un contenuto a forte impatto sociale perché consente ad un bambino di trovare adulti di riferimento senza negare la famiglia di origine (consentiti gli incontri tra bimbo e genitori di nascita), anche se talvolta viene mantenuto il distanziamento per il bene del minore almeno finché la famiglia stessa non avrà fatto un percorso indicato e monitorato dai Servizi. Sarà il TdM a decidere, di volta in volta, a seconda della storia di quella famiglia e delle necessità del bambino.
Tipologie di affido familiare
Tra i tipi di affido si scopre che esiste la FAMIGLIA PONTE che si prende cura di un neonato di pochi giorni finchè il TdM non trova una famiglia adottiva definitiva e con la quale potrà talvolta mantenere un contatto per il bene del piccolo; l’AFFIDO PARTECIPATO dove la coppia (o il singolo) accoglie e fa da guida anche alla mamma del bambino di cui ha la custodia, per non rompere il legame di origine; l’AFFIDO di BAMBINI CON DISABILITA’, un’accoglienza complessa, ancora più sfidante, ma ricca di umanità; l’AFFIDO di SOSTEGNO quando un minore rimane in famiglia ma è supportato da una famiglia di sostegno esterna; l’AFFIDO OMOCULTURALE in quei casi in cui il minore è affidato ad una famiglia affidataria simile alla sua, sia dal punto di vista culturale che linguistico e religioso. Mancano, invece, figure che accompagnino verso l’autonomia i neo maggiorenni (PROGETTI CARE LEAVER) alla fine dell’affido o del periodo in comunità. Solo alcuni comuni si sono attrezzati per prolungare l’affido fino al 21° anno o predisposto fondi per care leaver dai 18 ai 25 anni al fine di garantire un’autonomia negli studi e nel lavoro.
L’importanza dei gruppi di mutuo aiuto
Oltre alla presenza dei Servizi, le famiglie affidatarie trovano sostegno nei gruppi di mutuo aiuto dove possono avere risposte alle mille domande che un minore entrato in famiglia e poco conosciuto può far sorgere. Le testimonianze delle famiglie intervistate sottolineano l’importanza del gruppo e di tutti i soggetti dell’affido. Nel cammino di crescita si individuano in modo chiaro le caratteristiche base che una famiglia affidataria dovrebbe avere per portare avanti il suo compito, tra questi: assenza di giudizio sulla storia familiare del bambino/ragazzo, elasticità, resistenza emotiva nel lungo periodo, continua elaborazione interiore, pazienza, sviluppo delle capacità genitoriali con l’aiuto di formazione mirata.
La riforma della Giustizia Minorile
Secondo gli intervenuti al Convegno, andrebbe superata la credenza, gonfiata da scandali isolati, che un bambino possa essere tolto alla famiglia anche in situazioni non gravi. Finora la decisione si è avvalsa di équipe multidisciplinari che analizzano lo stato di abbandono del minore e di eventuali infermità della famiglia. L’Italia, in questo senso sarebbe più avanti di altri paesi europei sebbene vada riconosciuta la frattura tra nord, dove l’istituto dell’affido funziona, e sud dove è poco diffuso e, talvolta, malfunzionante. Purtroppo, la riforma della Giustizia Minorile, con l’eliminazione dei TdM, porta allo smaltellamento dell’esperienza accumulata finora e al giudizio di Giudici monocratici che dovranno decidere sul delicato destino di un minore senza l’ausilio di consulenti (il magistrato onorario, ad esempio, non entra più in camera di consiglio eccetto nei casi di adozione). E’ palese che un caso di maltrattamento di minore non è lontanamente equiparabile ad un mero divorzio tra adulti. Tale orientamento stride sia con le direttive dell’Europa, sia con la consapevolezza di una certa parte della magistratura che si oppone a questa modifica senza trovare riscontri sul fronte politico.
Media e affido familiare
Cosa possono fare i media? La magistratura potrebbe far sentire la sua voce evidenziando i pro e i contro della modifica della legge. Ma troverà veri alleati quando ancora oggi molte testate preferiscono parlare di affido in tono scandalistico invece di offrire una vera informazione? Ne è un esempio il caso Bibbiano dove si è attaccata l’istituzione dell’affido in toto come se le famiglie affidatarie fossero conniventi con i Servizi per l’allontanamento di quei minori. Già dal 1990 l’Ordine dei Giornalisti si rifà alla Carta di Treviso che fissa le regole deontologiche riguardanti i minorenni. Ciò non è sufficiente se in parallelo i giornalisti non si specializzano sul variegato mondo del Terzo Settore, in questo caso specifico sui minori, categoria ancora troppo spesso trascurata e liquidata in modo superficiale e frettoloso. A parte si colloca il capitolo Social che non si attiene alla Carta di Treviso e le cui fonti non sono verificabili. Storie strappalacrime o di piccola criminalità, piuttosto che racconti di conquiste umane profonde, non veicolano certo un’immagine positiva dell’affido familiare.
Regioni e affido familiare
Dall’osservazione si riscontra che la dicotomia tra nord e sud ha radici nella minore disponibilità economica delle coppie e alle minori risorse dei Servizi del Sud Italia. Ma anche ad una debole cultura dell’affido in tutti i suoi aspetti, dal rispetto del minore a quello delle famiglie affidatarie, dalla bassa organizzazione ed erogazione dei Servizi di supporto e tutela. Eppure, il costo di un minore in famiglia (i comuni di solito stanziano una cifra mensile per i minori accolti) è inferiore a quello di un minore in comunità. La comunità dovrebbe rappresentare un luogo di passaggio, di decantazione per orientare il minore verso una famiglia. Ma gli investimenti in questa direzione sono sempre più risicati a detrimento di progetti di recupero della famiglia di origine e accompagnamento/supporto di famiglia affidataria e minore. L’aumento dei fallimenti di affido è per lo più attribuibile ad abbinamenti frettolosi e ad operatori poco formati. Il bambino sta nel mezzo di questa incapacità degli adulti: sta male, manifesta il suo malessere in maniera talvolta aggressiva, la famiglia affidataria non ce la fa da sola e il bambino/ragazzo rientra in comunità.
Migliorare la cultura dell’affido a scuola
Cosa significa affidamento? Chi é quel bambino, conosco la sua storia? Come mai si comporta così? Meglio mantenere un contatto con la mamma affidataria. Un minimo di attenzione per le parole “mamma” e “papà” che per questi minori si moltiplicano e si accavallano.
Così dovrebbe ragionare un insegnante che ha a cuore un bambino, al di là dell’affido o dell’adozione. Se un bambino si sente accolto tira fuori delle risorse inaspettate. Sono bambini con esperienze difficili alle spalle e che molto spesso hanno collezionato curricula scolastici negativi. Ci sono le Linee guida del MIUR che possono aiutare a creare dei percorsi personalizzati dove conti più lo sforzo e l’impegno del risultato, almeno in un primo momento. Non va mai dimenticato che la scuola, assieme alla famiglia affidataria, è una scopritrice di talenti nascosti. E’ pure una costruttrice di autostima perché la scuola è il primo posto dove ciascuno si sperimenta al di fuori della famiglia.
Il futuro dell’affido
L’affido è un modo di vivere e si apre a nuove sfide in questa società che cambia. Prima di tutto è utile dire che l’affido di adolescenti è possibile. Lo vediamo con il tutoraggio di minori stranieri non accompgnati (MSNA) rivolto all’accoglienza di minori soli che hanno affrontato lunghi viaggi, hanno assistito e, molto spesso, subìto soprusi. Arrivano in Italia mediante il sostegno economico della loro famiglia, frutto di immensi sacrifici, con lo scopo di trovare lavoro per mandare le rimesse a casa. Altro strumento sono i progetti famiglia attivati da alcune associazioni. Quest’ultimi ribaltano la prospettiva. Se prima l’abbinamento veniva fatto a tavolino sulla base della disponibilità della coppia e del bisogno del minore, adesso le coppie sono invitate a frequentare le comunità in modo da creare in modo naturale legami con i minori residenti e facilitare simpatie spontanee attraverso laboratori e tornei sportivi. D’altro lato, per i loro vissuti, per alcuni adolescenti è sempre meglio la comunità dove possono essere affiancati da un giovane tutore raggiungibile a tutte le ore del giorno, come se fosse un amico. Come detto sopra, rimane il nodo dei care leaver (ragazzi maggiorenni) su cui l’attenzione è cresciuta, ma non sviluppata abbastanza.
Conclusioni
L’immagine che si ha dell’affido è di una strada in salita e gli adulti che si fanno carico di un minore sono visti come dei supereroi. In realtà i genitori affidatari sono solo adulti che svolgono il loro ruolo di educatori e camminano a fianco di bambini che hanno una famiglia, ma che presenta elementi di criticità. L’etichetta di semidei è fuori luogo se ciascun soggetto chiamato in causa nel procedimento di affido – genitori affidatari, famiglia di nascita, Servizi, TdM, Servizio Sanitario Nazionale e Scuola – fa la sua parte.
Le associazioni di famiglie già si attivano cercando nuovi volontari e formando gli affidatari, siedono al Tavolo dell’Affido per portare le istanze a livello amministrativo e legale. Che cosa manca allora? Un maggior rispetto delle famiglie affidatarie che a volte si sentono usate e poco valorizzate: sarebbe necessario un ascolto attento da parte di Tribunale e Servizi. Una nuova narrazione, dove le storie positive rimbalzino sui media soppiantando le storie morbose. Una nuova consapevolezza delle Regioni che una famiglia fa la differenza, sia in termini di minori costi per i contribuenti, sia per la qualità della vita e di opportunità per quel bambino/ragazzo, quella bambina/ragazza.
Ricordiamo a questo proposito le parole di un minore accolto: “Grazie, perché qui finalmente ho potuto riposarmi e fare un po’ il bambino”.
*Si propone la sintesi della voce di Valter Martini, segretario del Tavolo Nazionale Affido, che ha aperto i lavori e la conversazione tra Fabio Geda, educatore e scrittore, e gli ospiti Cristina Maggia, presidente del Tribunale per i Minorenni (TdM) di Brescia; Gianluca Amadori, Consigliere del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei giornalisti; Michela Bondaro, del Centro Affidi del Comune di Milano e Sara De Carli, giornalista. Non sono mancate le testimonianze di famiglie e figli.
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