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16 Gennaio, 2021

Il desiderio di un figlio e la nascita adottiva

Succede che il figlio desiderato non arrivi, diventando un’assenza del corpo e una presenza ancora più forte nel cuore e nella mente
Daniela Pazienza

Desiderare un figlio, trasmettere la vita è qualcosa di innato, che si avvicina alla parte più profonda del proprio essere.

Succede anche che il figlio desiderato non arrivi, diventando un’assenza del corpo e una presenza ancora più grande e più forte nel cuore e nella mente, continuando ad aleggiare nel “grembo vuoto”. Il limite biologico imposto dal corpo che investe con una grande onda emotiva, può far sentire esclusi, un uomo e una donna, dal progetto della vita.

Disporsi all’accoglienza

Prepararsi alla nascita di un figlio significa dare “nuova” forma all’amore, disporsi all’accoglienza, allargare i propri “confini” fisici, mentali, emotivi, trasmettendo  valori fondanti di radici familiari, culturali e sociali. Valori ri-conosciuti perché racchiusi in quei “saperi” che passano da una generazione all’altra, inscrivendo il senso dell’appartenenza, accompagnando i cambiamenti di vita da elaborare, da vivere e da costruire all’interno della coppia, con significati vecchi e nuovi del mondo, educandosi alla genitorialità. Essere famiglia diventa, per la coppia, un progetto da condividere giorno per giorno.

Un uomo e una donna crescono nel progetto della vita,  muovendosi nella dualità  biologica e culturale, nel bios e nel logos, nell’istinto e nella razionalità,  nel corpo e nell’anima o comunque si vogliano definire questi “movimenti dentro e fuori di sé” difficili da separare perché rappresentano il naturale procedere della vita, facili da riconoscere nella propria interiorità e, all’esterno, nella realtà sociale. Il bisogno  di pensare alla vita in modo biologico, sociale e psicologico si esprime con la procreazione, con la trasmissione del  patrimonio genetico,  con la cura dei  figli, con l’organizzazione della famiglia e della società,  in un infinito atto di  amore  attraverso un’immensa energia interiore, ma è anche la gravidanza a definire il vissuto della donna.

Un figlio vive in primis nei pensieri dei genitori, spinti dalle emozioni, dentro una  realtà interiore che prende “forma nel corpo”. La fecondità e la generatività,  nella psicologia analitica,  rappresentano proprio quegli elementi dell’inconscio che cercano  le  immagini  primordiali interiorizzate, i miti e gli archetipi, cioè i simboli che mettono in contatto con i ritmi biologici della fertilità. E nella procreazione, è il corpo femminile che rivela tutta la sua potenza generativa, di fronte al quale un uomo prova gioia, ammirazione, senso di protezione,  di paura e forse di frustrazione perché può vivere questa trasformazione della  vita solo con la mente e con il cuore ma, nel tempo, ha imparato dalla donna gli atti della cura di un figlio.

Affidarsi alla scienza

Tante coppie, decidono di affrontare i percorsi complessi della Procreazione medicalmente assistita (PMA) rielaborando il ciclo naturale della vita, diverso e uguale allo stesso tempo, dentro quei  “movimenti dentro e fuori di sé”  ancora molto “stretti”. E la scienza “invade”  una sfera molto intima della coppia, perché si appropria del momento generativo, il concepimento “privato”, ma permette alla coppia di ri-conoscersi  nei “saperi” delle generazioni.  Ma la PMA può deludere nuovamente, sottraendo ancora tante energie per elaborare il dolore del figlio non avuto.

Elaborare la genitorialità adottiva

Il desiderio di un figlio che non arriva “fisicamente”, richiede l’elaborazione di un percorso interiore di genitorialità che porta a proiettare il desiderio di procreare “fuori dal corpo”, imparando ad esprimersi “con il corpo” attraverso una carezza, un abbraccio, un respiro, con gli atti  dettati dall’amore.  La realtà dentro e fuori di noi  si  espande ancora, assumendo una nuova forma, nel “nuovo” modo di divenire vita. Per una donna significa anche la rinuncia alla gravidanza, all’esperienza della gravidanza, ma non alla maternità, non al figlio. E, il desiderio  di un figlio si carica di  pensieri nuovi e antichi allo stesso tempo, nella loro profondità, nelle  radici che affondano comunque in noi stessi, anche “con il corpo”, con quei “saperi” già conosciuti e familiari a cui apparteniamo, ridefinendo ancora una volta il ciclo della vita, ricostruendo nuovi equilibri all’interno della coppia, del sistema familiare, della società.  

Il trasmettere la vita, ritrova il suo orientamento e il suo senso compiuto. La fertilità non è solo nel corpo perché è l’amore ad essere fecondo, è la vita in assoluto, è  la ricerca dei suoi significati più “ampi”.

“I movimenti dentro e fuori di noi”  non sono più “stretti”, non si dividono, ma assumono una diversa declinazione, per supportare la consapevolezza, la responsabilità, le aspettative del “nuovo” percorso di genitorialità.   Nell’adozione questo passaggio è vitale perché noi diamo la vita anche con la mente e “con il corpo”, generando amore da esprimere  nella cura dei nostri figli, ogni giorno.

Ed è proprio pensando al figlio già nato che si compie questa “trasformazione” del desiderio.

Il figlio che ci aspetta dona un’energia nuova. Lo sentiamo “muoversi” dentro di noi, lo sentiamo nostro, “generato” da noi  mentre cresciamo come genitori in attesa, con le nostre gioie, con le nostre paure, giorno per giorno.

Daniela Pazienza, mamma adottiva

Bibliografia

Vegetti Finzi Silvia Volere un figlio. La nuova maternità fra natura e scienza Mondadori  Milano 1997

Mengarelli Flamini Marina I bambini nel cassetto. Le molte facce della procreazione: uno sguardo socioculturale sulla fertilità e sulla infertilità  Franco Angeli Milano 2001

Musi Elisabetta Concepire la nascita. L’esperienza generativa in prospettiva pedagogica  Franco Angeli Milano 2007

Demetrio Duccio L’interiorità maschile. Le solitudini degli uomini Raffaello Cortina Editore Milano 2010

Federica De Paolis (a cura di) Pensiero madre NEO. Edizioni  San Giuliano Milanese (MI) 2016


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