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31 Luglio, 2021

Il fallimento adottivo: un quadro generale

Quando l'adozione fallisce? Cosa possono dirci le ricerche?
ItaliaAdozioni
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Fallimento adottivo, ancora poche indagini sul fenomeno

Prima di approcciarsi a questo tema è bene ricordare che si tratta di un fenomeno raro: l’adozione nella maggior parte dei casi ha esiti molto positivi e rappresenta una grande possibilità di recupero per il bambino e di crescita per tutta la famiglia.

Accanto a questa considerazione, tuttavia, è bene non ignorare questa problematica che ha un impatto molto grave su tutti i soggetti coinvolti; per il bambino, in particolare, il fallimento dell’adozione rappresenta un secondo trauma che si aggiunge a quello dell’abbandono. Questo ripetersi di esperienze traumatiche nell’ambito delle relazioni significative, può compromettere gravemente il suo sviluppo, la capacità di stabilire legami di attaccamento e la salute psichica. Per questa ragione è fondamentale approfondire il fenomeno in modo da individuare i fattori che possono determinarlo e, dunque, predisporre interventi preventivi efficaci.

Il fallimento adottivo rappresenta una tematica poco indagata in letteratura; i dati relativi all’incidenza di questo fenomeno sono scarsi e di difficile interpretazione, vi sono, inoltre, diverse problematiche di natura concettuale e controversie relativamente alla sua definizione. Le ricerche sul tema sono ricerche di natura correlazionale finalizzate ad individuare i fattori di rischio. 

Per quanto riguarda l’entità del fenomeno le ricerche sul tema rilevano un’incidenza che si colloca in media intorno al 10%, anche se le stime variano molto nelle singole ricerche a seconda del campione considerato (cfr Coakley e Berrich 2008 e Palacios (2010). Per quanto riguarda l’Italia un’indagine promossa dalla Commissione per le adozioni internazionali nel 2002 ha rilevato 331 casi di fallimento tra il 1998 e il 2001 su tutto il territorio nazionale; un’altra ricerca effettuata nel 2013 da Rosnati, Salvagio, Ragaini ha rilevato 44 casi di fallimento registrati presso il Tribunale di Milano tra il 2010 e il 2012.

Quando l’adozione fallisce?

La letteratura nazionale e internazionale sul tema prende in considerazione, come fallimenti adottivi, i casi in cui si ha una sofferenza relazionale talmente elevata da comportare la separazione definitiva del bambino dalla famiglia adottiva, sia prima che l’adozione sia stata legalizzata, sia successivamente.

Questa lettura, tuttavia, non prende in considerazione tutte le situazioni che, pur non esitando in una rottura, sono caratterizzate da una grave sofferenza e dall’impossibilità da parte dei membri della famiglia di costruire quello che Cigoli e Scabini (2000) definiscono “il patto adottivo”, ossia di riconoscersi reciprocamente come genitori e figli, e “di integrare somiglianze e differenze in una comune appartenenza” (Scabini, Cigoli 2000).  Questa situazione può verificarsi e permanere anche quando il minore rimane all’interno del nucleo familiare.

La ricerca di Rosnati et al (2013) mostra, infatti, che nei casi di fallimento adottivo il processo di reciproco riconoscimento e legittimazione tra genitori e figli si arresta: i figli non riescono a riconoscere i propri genitori come tali e i genitori non riescono ad assumersi appieno la responsabilità genitoriale imputando le problematiche del figlio alla sua origine adottiva.

Lo stesso studio evidenzia come l’adolescenza del figlio rappresenti una fase cruciale e particolarmente delicata in cui il processo adottivo può facilmente incontrare crisi. È in questa fase, infatti, che i figli adottivi si trovano di fronte al difficile compito di rinegoziare la propria “doppia appartenenza familiare” biologica e adottiva e di costruire la propria identità.

E’ importante sottolineare che il fallimento non coincide con la semplice crisi o con le difficoltà anche gravi che le famiglie adottive possono incontrare; tali problematiche si possono, infatti, considerare fisiologiche in una situazione familiare complessa come quella adottiva.

Fallimento adottivo, quali i fattori di rischio

I fattori di rischio individuati dalla letteratura nazionale ed internazionale (Palacios et al., 2005; Dance e Rushton, 2005; Coakley e Berrick, 2008; Cavanna, 2003; Rosnati et al., 2013; etc.) fanno capo a tre aree tematiche principali: caratteristiche del bambino adottato, caratteristiche della famiglia adottiva e problematiche nel lavoro degli operatori.

È importante sottolineare, quando si parla di fattori di rischio, che la presenza di determinate caratteristiche non è sufficiente a pregiudicare l’esito di un’adozione; è fondamentale, infatti, considerare congiuntamente anche i fattori di protezione che si combinano con essi e che possono incidere positivamente anche in situazioni in cui sono presenti problematiche.

Fattori di rischio relativi alla famiglia adottiva

Più precisamente emergono tra i fattori di rischio relativi alla famiglia, la presenza di altri figli, la difficoltà ad elaborare la propria sterilità, l’accumularsi di diversi fattori stressanti,  la rigidità nei metodi educativi, l’elevato livello di istruzione connesso con forti aspettative sul rendimento scolastico dei figli e un elevato impegno professionale. Fondamentale è anche il peso di motivazioni potenzialmente a rischio come, ad esempio, l’adottare per sostituire un figlio deceduto e il disaccordo tra i genitori sull’adozione.

Fattori di rischio relativi al bambino

Rispetto al bambino, i fattori di rischio individuati sono: un’età elevata al momento dell’adozione, problemi emotivi e comportamentali e difficoltà nella creazione del legame di attaccamento, avere storie di abuso e maltrattamento, aver sperimentato diverse esperienze di fallimento e molteplici collocamenti di affido preadottivo.

Fattori di rischio relativi agli operatori

Per quanto riguarda il lavoro degli operatori, infine, viene segnalata la mancanza di un’adeguata formazione e informazione delle coppie nella fase preadottiva, l’assenza di un adeguato sostegno alle famiglie dopo l’arrivo del bambino e errori nella valutazione dell’idoneità della coppia e nell’abbinamento.

Connessione tra i diversi fattori di rischio nel fallimento adottivo

La ricerca conferma che non è un singolo fattore a causare un fallimento adottivo, ma piuttosto la somma e l’interazione di diversi fattori di rischio relativi alla famiglia adottiva, al bambino e all’intervento professionale che determina l’esito fallimentare dell’adozione.

Un fattore di rischio fondamentale è rappresentato dall’isolamento delle famiglie, inteso sia come carenza della rete sociale di supporto, sia come mancanza di riferimento ai servizi ed agli operatori professionali.

Un aspetto importante evidenziato, infatti, da alcune ricerche, è il fatto che le famiglie si rivolgono ai servizi quando i problemi sono già cronicizzati e i legami gravemente deteriorati. Questo conferma come il ruolo degli operatori e delle reti sociali nell’accompagnamento della famiglia in tutte le fasi dell’adozione, anche oltre l’anno di affido preadottivo, sia un aspetto preventivo fondamentale al fine di individuare precocemente i problemi e di intervenire preventivamente non lasciando sole le famiglie.

Marta Zaro

Laureata in psicologia presso l’Università Cattolica di Milano. Prosegue la sua formazione specifica sull’adozione e l’affido con il master di II livello “Il lavoro clinico e sociale con le famiglie accoglienti: affido e adozione”.


Leggi anche: Sostegno alle famiglie nel post adozione

1 commento

  1. Francesca Carolina Ferbo

    Salve, chiedo scusa, sto effettuando una Tesi sul fallimento adottivo e ho attinto da alcune informazioni presenti in questo articolo. Non riesco però a trovare lo studio di Rosnati et al. (2013) di cui parla perchè non è presente la bibliografia e inserendo questo su google si aprono decine di articoli.
    Può indicarmi a quale dei vari articoli si riferisce?
    Grazie mille

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