
Il significato di famiglia
Che cosa significa famiglia? Per me è sempre stato un termine controverso, a volte fin troppo convenzionale. Mi piace pensare che potrà esserci un giorno in cui, leggendo il giornale al mattino, verremo attirati da un articolo che parlerà di una parola tutta nuova, adatta a racchiudere in sé un significato ampio, forse infinito, sicuramente concepito per avere un’accezione sempre positiva. Eppure, non sempre all’interno della parola famiglia ritroviamo esperienze positive: separazioni, violenze domestiche, problemi economici, dipendenze. Chi sono le prime vittime di tutto questo? I bambini, naturalmente.
Esiste secondo voi un modo per fare evolvere una famiglia? Per me, di modi ne esistono tanti, e l’adozione e l’affido sono tra questi.
Un’estate apparentemente come tante
Estate 2005, io appena diplomata e in procinto di trasferirmi a Milano per l’università, prontissima a lasciare il piccolo paesino di montagna e ad allontanarmi dalla mia casa, dagli amici di sempre, dalla mia famiglia: una mamma presente, fonte di ispirazione per la sua grande forza e intelligenza, ma un po’ restia a dimostrare affetto; un padre desideroso di offrire il meglio ai propri figli e fermamente convinto che meglio sia sinonimo di denaro, e per questo poco presente, in ufficio 16 ore al giorno, fine settimana compresi; un fratello sensibile ed intelligente ma con poca voglia di studiare e di pensare concretamente al proprio futuro. Insomma, una famiglia dove si sa di poter contare l’uno sull’altro, ma concretamente nessuno sa farlo, alimentando una frustrazione che porta mamma e papà a litigare ogni giorno, e i figli a reagire come meglio riescono: uno si chiude, l’altra urla, e cerca di attirare l’attenzione in ogni modo.
Ma una mattina di quell’estate un ragazzo di nome Andrea si presenta alla porta di casa; i servizi sociali gli avevano chiesto se ci fosse una famiglia disponibile ad accoglierlo per un determinato periodo di tempo e lui aveva risposto che si, lui la conosceva una famiglia, la nostra: “sei proprio sicuro?” – avrei voluto dire io, ma ho deciso che avrei fatto meglio a stare zitta.
Il “sacco nero”
Quel giorno Andrea è arrivato in casa nostra solo con un sacco nero riempito con vestiti raccolti in tutta fretta dall’armadio della sua stanza. Aveva lo sguardo un po’ perso e i movimenti impacciati. Io anche ero impacciata, non sapevo bene cosa dire e cosa fare e nemmeno i miei genitori lo sapevano. Forse solo mio fratello sapeva cosa fare: stare insieme a lui. Gli lasciai la mia stanza, e iniziai l’università. Ogni volta che tornavo a casa, durante il fine settimana, trovavo una casa sempre nuova, piena di sorrisi e di affetto, insomma era sempre più “grande” nonostante avessimo dovuto “rinunciare” a degli spazi per fare posto ad una persona in più.
La parola nuova
Iniziai a scoprire a poco a poco che in quel sacco nero non c’erano solo vestiti e non c’erano soltanto sofferenza ed esperienze difficili, ma c’erano soprattutto amore, solidarietà e dolcezza.
Da quel sacco nero è uscita la ricetta che tutti noi cercavamo disperatamente per riuscire a stare insieme e ad essere felici. Da quel sacco nero è uscita la consapevolezza che eravamo fortunati, che avevamo tutto e che avremmo, da quella mattina d’estate, fatto di tutto per includere Andrea in quella fortuna e che non ci saremmo più dimenticati di guardarci, di parlarci e di stare insieme consapevoli che la nostra non era più soltanto una famiglia, era diventata la parola nuova.
Quando Andrea è tornato dalla sua famiglia, ho visto per la prima volta mio padre piangere, l’ho visto abbracciare Andrea in un modo che mi emoziona ancora oggi a distanza di tanti anni. E capisco che il futuro sarà migliore.
Storia di un salvataggio
Questa è la storia di un affido temporaneo ma non solo, è la storia di un salvataggio, è la storia di un bambino che chiedeva aiuto, ma in realtà era venuto a portarlo.
È la dimostrazione che quando agisci per il bene, il bene ti entra nel cuore e inizia a scorrere nelle vene e rende la tua vita migliore.
Io ringrazio Andrea e ringrazio mio papà, mia mamma e mio fratello, per aver avuto gli occhi per vedere la grande opportunità che ci si stava presentando davanti e per non aver avuto paura di coglierla.
Caterina
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