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03 Aprile, 2021

Il trauma dell’abbandono

Alcuni effetti del “trauma dell’abbandono” e delle condizioni di vita precedenti all’adozione
Mariangela Corrias
Mamma biologica, psicologa, esperta in Psicologia dello sviluppo e dell'educazione
trauma dell'abbandono

Trauma dell’abbandono e peculiarità del bambino adottivo

Il bambino adottato ha vissuto spesso in contesti sfavorevoli e contraddittori, ha sperimentato esperienze traumatiche che con molta probabilità lo hanno portato a sviluppare comportamenti che, nel contesto in cui sono si sono sviluppati, erano gli unici possibili. 

Le strategie che egli ha imparato per sopravvivere appaiono tuttavia non adeguati nella situazione in cui egli viene a trovarsi dopo l’adozione e i genitori adottivi possono trovarsi in difficoltà nel momento in cui lo accolgono con amore e disponibilità nella propria famiglia. L’età dei bambini che arrivano all’adozione è sempre più alta, e i bambini fanno una certa fatica a stabilire legami di attaccamento sicuri e ad acquisire una certa stabilità emotiva ed affettiva.

Spesso sono bambini con una competenza emotiva piuttosto bassa, possono avere scarsa capacità di comprendere gli stati d’animo altrui e la tendenza a rispondere con una certa aggressività o con l’isolamento e la chiusura agli stimoli, pur in presenza di una capacità intellettiva e cognitiva normale. Questa apparente contraddizione può rendere problematiche le risposte dei genitori e degli insegnanti. E’ necessario prendere coscienza di questo aspetto, spesso presente in molti bambini adottivi, per poter fornire risposte adeguate ai bisogni di sicurezza e stabilità che essi non sanno riconoscere ma dei quali hanno una grade necessità per crescere e svilupparsi in modo armonico e sereno.

Alcune volte si tratta di bambini che sono vissuti in contesti dove l’adulto appariva bisognoso e fragile, o dove per qualche motivo (per esempio con fratelli più piccoli di cui dovevano prendersi cura), hanno dovuto apprendere e mettere in atto comportamenti responsabili e accudenti, nascondendo a loro stessi e agli altri i loro bisogni e le loro emozioni. Questa carenza di sostegno e di contenimento affettivo è una caratteristica della quale quasi tutti i bambini adottati hanno sofferto, che va a sommarsi a quella che viene chiamata la ferita dell’abbandono. Il bambino adottato inoltre, avendo vissuto una separazione dalle figure primarie di riferimento, avrà con molta probabilità difficoltà nell’instaurare o mantenere un legame stabile. Potrebbe essere contraddittorio, fuggire il legame o cercarne uno privilegiato, separarsene di fronte alla prima difficoltà o frustrazione importante, per allontanarsi dalla sensazione dolorosa di bisogno e di fragilità che non riesce a tollerare.

I comportamenti del bambino lasciato

Secondo la teoria dell’attaccamento, a seconda di quello che il bambino ha vissuto e di come si è sviluppato si possono riconoscere tre possibili comportamenti:

  1. Il bambino evitante. Tende a non chiedere aiuto e a nascondere le sue emozioni e i suoi bisogni, appare eccessivamente autonomo e indipendente e scarsamente affettivo, e provoca nel genitore la sensazione di non riuscire a stabilire una vicinanza affettiva, con il rischio che le cure e le attenzioni nei suoi confronti siano più scarse di quello che la situazione e i reali bisogni del figlio prevederebbero.
  2. Il bambino ambivalente. Tende a esagerare la manifestazione delle sue emozioni, paura e rabbia vengono accentuate, con la conseguenza di esasperare il genitore che rischia di non sentirsi appagato nella relazione con il figlio, quanto avrebbe desiderato e immaginato.
  3. Il bambino disorganizzato. Ha un comportamento eccessivamente controllante e contraddittorio, seduttivo e nello stesso tempo prepotente e rabbioso, scatenando perplessità nel genitore e sensazione di essere disarmato di fronte ai comportamenti del figlio.

La separazione e la perdita delle figure genitoriali può produrre conseguenze importanti nei bambini, che possono essere diverse a seconda dell’età in cui si verifica. Per evitare la sensazione di non essere degni di amore facilmente cercheranno di compensare:

  1. con una sensazione di onnipotenza, magnificando la vecchia casa e le abitudini della famiglia biologica (mio padre aveva una Ferrari e ci portava tutti i giorni in giro),
  2. col cinismo (non mi importa nulla se mi sgridate, non mi interessa nulla dei miei genitori),
  3. con l’isolamento (evitare i nuovi legami per non rischiare di ritrovarsi soli un’altra volta),
  4. con una eccessiva acquiescenza (risultare graditi e accettabili per evitare di essere abbandonati di nuovo, è il bambino bravo a scuola, obbediente a casa, quello che “non dà problemi”). Eviterà di essere se stesso e si costruirà una maschera per sentirsi accettato e amato.

La difficoltà di creare una relazione autentica

Saper comprendere questi meccanismi e trovare le parole adatte per spiegare ai propri figli che li si comprende può aiutarli a lasciare andare questi meccanismi maladattivi per una relazione più sana e autentica (ti voglio bene anche quando non fai la brava, sei mia figlia e ti amo così come sei). 

I bambini che hanno vissuto una perdita importante come quella delle figure genitoriali e che non hanno avuto figure positive di attaccamento nei primi anni di vita, avranno probabilmente una grande paura delle relazioni intime. Spesso questo comportamento sconcerta i genitori. Essi possono avere infatti, talvolta, l’impressione che il figlio riesca a “rovinare” i momenti di maggiore soddisfazione e intimità con comportamenti irritanti che mettono a dura prova la loro pazienza. E in effetti potrebbe essere proprio così. La paura agisce con maggiore forza e li porta a cercare di allontanare da sé il rischio di un’intimità pericolosa perché rende fragili e bisognosi. In questo caso occorre lasciare che il tempo passi, il bambino si tranquillizzi e impari a fidarsi e ad affidarsi, a capire che c’è accanto a lui qualcuno che lo amerà e lo accetterà sempre, che saprà stargli vicino con autorevolezza, fermezza, chiarezza, e amore.

Come sostiene Niels Peter Rygaard, “l’intimità reciproca è il segno (per i genitori adottivi) di una genitorialità riuscita”. Quando questo non si realizza come loro desidererebbero, i genitori si mettono in discussione ed entrano in crisi, si sentono rifiutati e falliti nel loro ruolo. “Dovete mettere da parte i vostri personali bisogni di conferme” e cercare di adattarsi alla distanza che lo rassicurerà maggiormente, in attesa che a poco a poco si sciolga e si rassicuri.

Come aiutare i bambini a superare le difficoltà di cui sono spesso portatori?

A) Imparare a sostenere e tollerare gli atteggiamenti problematici dei figli mantenendo un atteggiamento sereno e fermo. Il bambino adottato ha vissuto in una condizione di instabilità affettiva, e avrà probabilmente sviluppato un vissuto che lo porterà (consciamente o inconsciamente) a non avere fiducia nell’adulto di riferimento. E’ necessario che i genitori sappiano fornire un modello di stabilità e di coerenza. I bambini hanno bisogno di sapere cosa aspettarsi e di avere la conferma quotidiana che i genitori ci saranno sempre, come figure di riferimento e di contenimento, in ogni caso e qualunque cosa loro possano fare.

B) Grande pazienza e capacità di “vedere oltre”. I cambiamenti spesso sono molto lenti. E’ necessario saper apprezzare i piccoli sviluppi che il bambino avrà giorno per giorno, moderare le aspettative soprattutto nei tempi brevi, e gratificare in modo adeguato il figlio per i piccoli miglioramenti che saprà affrontare.

C) Considerate che si tratta con molta probabilità di un bambino che per un certo periodo di tempo avrà bisogno di essere sottoposto a stimoli in maniera adeguata alla sua capacità di sopportazione, che inizialmente sarà probabilmente limitata. Spesso hanno bisogno di ambienti relativamente tranquilli e della figura di un adulto che lo accompagni e lo sostenga, nello studio come nel gioco.

Talvolta occorre allontanarsi per permettere al bambino di rassicurarsi. Altre volte occorre ascoltare con maggiore attenzione e osservare i segnali che il bambino cerca di trasmettere. O fermarsi e parlare con lui. Certamente, con un bambino adottato, è bene ricordarsi che per molto tempo avrà un’età affettiva ed emotiva inferiore a quella cronologica o cognitiva, e occorrerà  adattare i propri comportamenti e le proprie risposte a quell’età. E’ in questo modo, con pazienza e sensibilità e all’occasione facendosi aiutare da una persona competente e affidabile, che il bambino a poco a poco riuscirà a far pace con la perdita che si porta dietro e a sciogliere quel nodo di rabbia e paura che spesso ha dentro di sé.

I pochi suggerimenti di un articolo trovato in Internet, come questo, serviranno a poco se il bambino è portatore di traumi importanti e difficoltà caratteriali. In questo caso è bene avere il coraggio di chiedere aiuto in tempo utile, prima che i problemi peggiorino e la situazione diventi difficile da gestire. Spero tuttavia che questo possa aiutare i genitori adottivi a individuare con sensibilità e attenzione, almeno in parte, le motivazioni profonde di alcuni comportamenti del proprio figlio e a migliorarne la relazione con lui.

Bibiografia

  • A cura di F. Vadilonga, Curare l’adozione, Raffaello Cortina Editore.
  • Niels Peter Rygaard, Il bambino abbandonato, Giovanni Fioriti Editore.

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