Condividi
28 Luglio, 2021

Ipotiroidismo nei bambini adottati dall’Est Europa

ItaliaAdozioni propone una serie di schede utili ai genitori che adotteranno all’estero con le varie malattie alle quali possono andare incontro i loro figli
Paola Sgaramella
Pediatra ospedaliera, con plurime esperienze di assistenza sanitaria in paesi in via di sviluppo (Sry-Lanka, Brasile, Colombia, Haiti, Mozambico, Uganda).

Nell’adozione internazionale sempre più spesso alle coppie sono proposti abbinamenti con bambini affetti da qualche patologia. Prima di decidere le coppie hanno il diritto di conoscere a cosa vanno incontro. Si tratta per lo più di patologie poco diffuse in Italia. Si consideri che in alcuni Paesi esteri chiedono in modo esplicito la disponibilità dei genitori.

ItaliaAdozioni propone una serie di schede utili ai genitori che adotteranno all’estero, una specie di promemoria con le varie malattie alle quali possono andare incontro i loro figli: di che si tratta, che tipo di cure ci vogliono e quanta possibilità di recupero in concreto esistono. 

Se hai delle richieste specifiche, contattaci scrivendo a redazione@italiaadozioni.it.

Ipotiroidismo, esperienza medica con una bambina adottata

In qualità di pediatra, tempo fa mi capitò in studio una bambina adottiva di 4 anni (nata in un Paese dell’est Europa). La bimba era in Italia dall’età di 3 anni e mezzo ed aveva effettuato accertamenti presso un altro Centro, per scarso accrescimento e ritardo psicomotorio e del linguaggio. Gli accertamenti erano di carattere generale volti soprattutto ad escludere quadri carenziali da un punto di vista nutrizionale visto che la bimba era rimasta in orfanotrofio sino al momento dell’adozione. Era stata anche effettuata una radiografia della mano e del polso che evidenziava un’età ossea francamente ritardata rispetto all’età cronologica.

Per il persistere del quadro la bimba veniva sottoposta ad una visita e successivamente effettuava un ricovero presso l’ospedale dove lavoro. Tra gli esami prescritti, visto il quadro clinico ed il paese d’origine, veniva dosato il TSH che risultò molto elevato, consentendo di porre diagnosi di Ipotiroidismo congenito. La bimba intraprese immediatamente terapia sostitutiva con L-Tiroxina e successivamente si è assistito ad un parziale recupero del ritardo di sviluppo.

Cos’è l’ipotiroidismo congenito?

L’ipotiroidismo congenito è una delle più rilevanti patologie endocrinologiche dell’età neonatale, potenziale causa di ritardo mentale permanente, se non adeguatamente riconosciuta e trattata.

Da che cosa è caratterizzato?

L’ipotiroidismo congenito è caratterizzato da una condizione di insufficiente produzione di ormoni tiroidei riscontrabile durante il periodo neonatale, che nei casi più gravi può essere presente già durante la vita fetale, in grado di determinare alterazioni soprattutto a carico del normale sviluppo del sistema nervoso centrale, con danni che diventano irreversibili, se non viene introdotta precocemente la terapia ormonale sostitutiva.  Gli ormoni tiroidei, infatti, oltre all’azione sul metabolismo energetico e sul sistema cardiocircolatorio, nei primi anni di vita svolgono un ruolo fondamentale nella crescita e nello sviluppo dei diversi organi ed apparati, in modo particolare a carico del sistema nervoso centrale. La gravità della patologia stessa è condizionata sia dall’entità del difetto ormonale che dall’epoca di insorgenza del medesimo e lo sviluppo di deficit mentale e di danni neurologici irreversibili è l’espressione patologica più grave.

Cos’è e a cosa serve lo screening neonatale?

L’eradicazione del ritardo mentale dovuto a questa malattia, è stato possibile grazie alla realizzazione di programmi mirati di screening neonatale per l’identificazione nei primi giorni di vita del neonato di tale patologia e dall’introduzione di una terapia sostitutiva con L-Tiroxina precoce, in grado di ridurre significativamente la fase post-natale dell’ipotiroidismo.

Lo screening consiste nel dosaggio nel sangue del TSH che è l’ormone ipofisario che controlla la funzione della tiroide e che aumenta tanto più quanto più è carente la tiroxina. Quindi un dosaggio eccessivo di TSH indica un ipotiroidismo.

Si stima che, nei Paesi occidentali in cui è in atto un programma di screening neonatale (ovvero tutti i neonati alla nascita vengono sottoposti a test diagnostico obbligatorio per legge), ogni anno 1:3000 – 1:4000 nuovi nati sia affetto da ipotiroidismo congenito, tuttavia il tasso di incidenza di tale patologia è variabile, a seconda delle regioni e dell’etnia che si considerano.

Dal momento che lo screening neonatale è un bene di lusso e pertanto non disponibile nei Paesi in via di sviluppo, nei bambini adottatti, presso i centri di riferimento per la tutela della loro salute, viene regolarmente eseguito un test di funzionalità tiroidea, a maggior ragione dovranno farlo i bambini provenienti dall’Est Europa, la diagnosi precoce consente infatti di iniziare tempestivamente una terapia sostitutiva e conseguentemente prevenire un ritardo, altrimenti permanente, dello sviluppo neuromotorio.

Quali sono i bambini più colpiti?

Sui bambini dei Paesi dell’Est Europa, a causa del disastro nucleare di Chernobyl che avvenne il 26 aprile del 1986, si è assistito ad un maggior numero di patologie inerenti la tiroide, tra le quali l’Ipotiroidismo congenito.

Effetti sulla salute dell’esplosione nucleare di Chernobyl

Per dovere di cronaca ricordiamo che il 26 aprile 1986 presso la centrale nucleare V.I. Lenin in Ucraina vicino al confine con la Bielorussia, allora repubbliche dell’Unione Sovietica, nel corso di un test, furono paradossalmente violate delle regole di sicurezza con un conseguente brusco ed incontrollato aumento della potenza (e quindi della temperatura) del nocciolo del reattore numero 4 della centrale: si determinò la scissione dell’acqua di refrigerazione in idrogeno ed ossigeno a così elevate pressioni da provocare la rottura delle tubazioni di raffreddamento. Il contatto dell’idrogeno e della grafite incandescente con l’aria, a sua volta, innescò una fortissima esplosione e lo scoperchiamento del reattore. Una nube di materiali radioattivi fuoriuscì dal reattore e ricadde su vaste aree intorno alla centrale che furono pesantemente contaminate, rendendo necessaria l’evacuazione e il reinsediamento in altre zone di circa 336.000 persone. Nubi radioattive raggiunsero anche l’Europa orientale, la Finlandia e la Scandinavia con livelli di contaminazione via via minori, raggiungendo anche l’Italia, la Francia, la Germania, la Svizzera, l’Austria e i Balcani, fino anche a porzioni della costa orientale del Nord America.

Le conseguenze sulla salute sono inimmaginabili, tra gli organi maggiormente esposti a rischio, quello che fino ad oggi è stato più studiato perché con sicurezza ha rivelato le conseguenze del disastro di Chernobyl, è la tiroide. Il motivo di ciò si deve a due ragioni:

1) fra le famiglie di isotopi liberati, lo iodio è stato fra i più rilevanti in termini di quantità; questo elemento viene normalmente assorbito dalla tiroide che lo usa per formare gli ormoni tiroidei;

2) il secondo motivo, legato al primo, è rappresentato dalla carenza di iodio di cui soffrono praticamente tutti i Paesi colpiti dal fall-out, ivi compresa l’Italia. Pertanto è facile immaginare che le tiroidi di queste persone abbiano assorbito lo iodio radioattivo presente nell’atmosfera, sul suolo e negli alimenti e quindi siano state sottoposte ad un rischio maggiore rispetto ad altre popolazioni che hanno assorbito di meno lo iodio radioattivo poiché vivevano in zone ricche di iodio oppure in cui la carenza di iodio viene compensata da una regolare assunzione di iodio stabile (ad esempio con sale iodato).

Altre pagine e articoli su aspetti medici:


0 commenti

Invia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Ultimi articoli