
La sterilità
La generatività, non va intesa solo come possibilità di dar vita a nuovi individui, ma come la capacità insita in ogni coppia di dar vita a progetti comuni finalizzati a una crescita complessiva, nuove idee, nuove attività, nuove azioni.
La coppia esprime la sua fecondità i due modi diversi: all’interno della loro relazione, quando i coniugi si accolgono, giorno dopo giorno, con gioia e amore autentico, ricreando nuovi modi per amarsi e donarsi reciprocamente, e nella relazione con il mondo esterno, attraverso l’attenzione a chi ha più bisogno e la solidarietà. E’ il caso delle coppie che, pur non avendo figli, si dedicano con amore ai bambini in difficoltà, facendo per esempio attività di volontariato.
Anche nel linguaggio comune, infatti, si parla di una relazione feconda, quando produce effetti positivi sul mondo che la circonda o di una lettura feconda se arricchisce lo spirito facendo nascere nuove idee.
La stessa parola fecondità ha due significati: il primo, legato alla riproduzione, il secondo alla produzione e creazione “sul piano materiale e spirituale”(Devoto Oli).
Conseguenze emotive della scoperta della sterilità
La scoperta dell’impossibilità a procreare rappresenta spesso un momento drammatico nella vita di una coppia, che causa una profonda sofferenza, e può rappresentare talvolta uno dei momenti più difficili nella vita di un individuo. Essa viene vissuta come un vero e proprio lutto.
Scoprendo di non poter avere figli, infatti, non si perde solo la propria capacità generativa, ma si scopre di dover rinunciare a quel figlio immaginario, che esiste in maniera inconsapevole nelle fantasie inconsce. In questo senso la scoperta della propria infertilità si costituisce come un vero e proprio lutto, perchè è la perdita concreta di un bambino, ancora non nato, ma ben presente dentro ciascuno di noi.
La perdita della generatività, considerata fino a quel momento una caratteristica data per scontata, insita nel proprio corpo come un dato di fatto, scatena sensazioni di perdita, sensi di colpa e quasi un senso di violazione, di ingiustizia, oltre che un disagio sociale e un senso di vergogna. Si vive una sensazione di perdita di controllo nei confronti del proprio corpo, che viene vissuto come malato, ferito, mancante in qualcosa, creando delle ferite nell’immagine di sè, che viene danneggiata.
La scoperta dell’infertilità scatena inoltre nella coppia un vissuto che potremmo definire come una perdita di senso: tutto ciò che si fa sembra inutile. Il desiderio del figlio è esasperato e poco per volta occupa tutta la mente della coppia, che sembra si muova solo per rimuovere il dolore della mancanza. La coppia in questa fase non riesce a separare la generatività e il desiderio del figlio dalla relazione sessuale, e il desiderio nei confronti della sessualità ne risente. Il rapporto sessuale perciò può venire percepito come fine a se stesso, senza senso.
Può verificarsi perdita di autostima, depressione, insoddisfazione. Il limite biologico diventa intollerabile, si soffre nel vedere una carrozzina o una donna incinta, e in un primo momento accettare il limite nel proprio corpo sembra quasi impossibile. In questa fase la sofferenza viene aumentata dal fatto che si è perso non solo il figlio desiderato, ma con esso si deve rinunciare a tutte le fantasie ad esso connesse, ai propri desideri, ad una vita immaginata e mai vissuta, alle proprie speranze.
Tutto questo porta talvolta a perdere di senso il proprio stare insieme, sia dal punto di vista personale che dal punto di vista coniugale e sessuale. In questa fase la coppia rischia di chiudersi, sia nella relazione con il partner, sia con l’ambiente che la circonda. Le relazioni con gli amici o con i familiari rappresentano, infatti, un momento di confronto, che in questa fase si vuole evitare, perché ci si sente mancanti in qualcosa, “difettosi”, si fanno paragoni con gli altri, che vengono vissuti come “fortunati”, e le stesse cose che prima si facevano ora diventano fonte di dolore e si vorrebbero evitare gli ambienti che prima si frequentavano: supermercati, cinema, giardini pubblici (sempre pieni di bambini e di mamme felici!).
Come affrontare l’infertilità
Non dobbiamo mai considerare il figlio come unico scopo del rapporto sessuale.
Una relazione sessuale che ha come obiettivo unico quello di dar vita a una nuova creatura e non caratterizzato dall’amore dei due coniugi, rischia di strumentalizzare il rapporto e la persona dell’altro.
Anche il ricorso esasperato alla fecondazione assistita; come pure il rivolgersi senza un’adeguata riflessione all’adozione non porta la coppia a ritrovare le motivazioni della propria unione.
Il lutto va riconosciuto, chiamato per nome, accettato, elaborato e superato, se si vuole ridare spessore alla propria vita personale coniugale e sessuale in tutti i suoi aspetti.
Riconoscere e accettare dentro di sé quello che viene chiamato il lutto della sterilità, e aprirsi allo scambio emotivo con il partner rappresenta il primo passo per predisporsi al cambiamento.
Occorre perciò:
- Avere la capacità di guardarsi dentro e riconoscere tutte le emozioni e la sofferenza connessa alla scoperta dell’infertilità. Accettare di provare dolore, vergogna, rabbia, è il primo passo indispensabile per poter superare queste emozioni.
- Rinforzare il dialogo, soprattutto all’interno della propria coppia e con gli amici più intimi. Parlare all’interno della coppia, discutere delle proprie emozioni e confrontarsi con il partner aiuta a superare le difficoltà e rinforza la relazione.
- Cercare di lavorare su se stessi e sulle proprie emozioni, sui propri sensi di colpa e sulla propria delusione.
- Farsi aiutare, se necessario, da uno psicologo esperto in questo tipo di problemi.
Se non si riesce a fare questo percorso, la coppia rimane bloccata in una dimensione biologica e procreativa e non riesce a fare il passo per ritrovare o ampliare la dimensione psicologica e spirituale.
Il senso ritrovato
Nella ricerca di una nuova intimità, più profonda e significativa, la coppia ritrova il senso della vita in comune, e solo così arriva ad una fecondità che non rimane bloccata in una pura dimensione generativa e biologica, ma si apre all’amore e alla apertura di sé stessi.
Questo ritrovamento di senso nella vita coniugale permette alla coppia di diventare davvero fertile e feconda.
In un certo senso si potrebbe arrivare a dire che non esiste una coppia sterile: anche quando il rapporto sessuale non può generare figli biologici, questo, se vissuto nella donazione e nella gioia può aiutare la famiglia e i suoi membri ad aprirsi maggiormente su tutte le problematiche sociali che la circondano.
Il culmine di una relazione è rappresentata da un amore che continua a donare e a donarsi, nonostante tutto, attraverso nuove possibilità, nuovi atteggiamenti, nuove forme di affettività.
Tutto ciò comporta il ritrovamento di un atteggiamento di gratuità e di gioia, la voglia di mettersi sempre nei panni dell’altro, di ascoltarlo e di percepire i suoi cambiamenti con delicatezza e sensibilità.
Si può quindi parlare di fecondità fisica ma anche di fecondità psicologica, spirituale, ed è da quest’ultima che deriva la capacità di educare i figli a sviluppare il loro progetto di vita.
Pensare all’adozione, in questo clima di nuova fecondità è per la coppia mettere in atto un progetto d’amore che apre i coniugi ad una dimensione relazionale non solo duale, ma di comunione, di vera e profonda socialità.
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