
Nell’attesa dell’idoneità all’adozione Antonella e Francesco scelgono di condividere il proprio spazio intimo familiare con un bimbo che viene da lontano. “Perché no?” si dicono, e dunque la risposta è :”Sì!”. Certo è un’esperienza di accoglienza temporanea, non si tratta e mai diverrà affido o tanto meno adozione. Tuttavia questa vicenda dai tratti imprevedibili ed insieme familiari, diviene origine di una rinnovata motivazione per una giovane coppia di sposi.
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Imprevisti e sorprese nella prima esperienza di accoglienza
Era da giorni che aspettavamo notizie sulla bambina che avremmo dovuto ospitare.
Sarebbe dovuta arrivare già da oltre dieci giorni e la nostra ansia era alle stelle. L’associazione continuava a rimandare la data d’arrivo e non dava nessuna rassicurazione. Il 22 dicembre nel tardo pomeriggio, finalmente la telefonata: l’arrivo è previsto per l’indomani a Roma. Con una novità, perché all’ultimo la bambina di 7 anni che attendavamo si è trasformata in un maschietto di quasi 9; inoltre l’avremmo ospitato per tre settimane invece che un mese.
Per noi era la prima esperienza di accoglienza e avevamo preparato la cameretta con disegni rosa e wall-stickers intonati allo stesso colore e comprato una casa per bambole come regalo natalizio. Vi lascio immaginare il disagio interiore, oltre alle corse per riadattare il tutto per il bambino in imminente arrivo! Senza contare l’acquisto di vestiti per lui all’oscuro della sua misura, come di qualsiasi altra sua notizia.
L’appuntamento con l’associazione era fissato alle dieci di sera all’aeroporto di Fiumicino. Ci siamo quindi presentati agli arrivi del terminal 3 dopo un viaggio di oltre 10 ore, complice il traffico per le vacanze natalizie, senza aver avuto nemmeno il tempo di cenare. Siamo stati a lungo in attesa dell’arrivo dei bambini, non sapendo come si sarebbero presentati, finché verso le undici abbiamo visto una comitiva di una ventina di ragazzi. Ci siamo quindi rivolti loro chiedendo conferma dell’associazione. Al solo udire i nostri nomi hanno prelevato e ci hanno consegnato Daniil, senza controllare nessun documento, ma facendoci solo firmare un foglio stropicciato.
La lingua e il cibo: ci vuole un po’ di tempo per familiarizzare
L’impatto è stato decisamente forte. D’improvviso ci siamo trovati a condurre attraverso l’aeroporto un bambino grande come me (ricorda Antonella, la mamma ospitante), che non parlava una parola di italiano ed era di certo più disorientato di noi. Era un bellissimo bambino, esile e alto, con grandi occhi chiari. Ed aveva con sé solo un zaino vuoto e consunto, come la giacca e le scarpe che indossava.
Anche per lui era la prima esperienza di questo tipo e la prima volta che veniva in Italia, perciò siamo rimasti veramente sorpresi, quando arrivati in albergo, ha subito sintonizzato la televisione sui canali dei cartoni animati, non per tentativi, ma a colpo sicuro!
La prima notte l’abbiamo passata in hotel e la mattina successiva, vigilia di Natale, dopo averlo preparato e vestito con quello che avevamo comprato, siamo tornati a casa. Durante il viaggio si è subito dimostrato curioso e avvezzo all’elettronica. Infatti, comprensibilmente, è stato difficile per lui affrontare subito un viaggio di cinque ore con degli sconosciuti ma si è svagato con CD e smartphone. Una passione che poi sarebbe stato felice di continuare.
Nei pressi di casa, abbiamo dovuto prendergli altri vestiti, comprensivi di giacca e scarpe. C’è stato poi appena il tempo di presentargli la nostra dimora e la sua stanza, con ancora i disegni rosa, prima di andare a cena dai nonni.
Daniil era euforico per le molte novità e tutti ci sentivamo felici e sollevati dallo stress del viaggio a Roma. Ci siamo però subito resi conto che c’era una grossa difficoltà nel farlo mangiare. Un’altra battaglia che ci avrebbe impegnato fino all’ultimo giorno. Infatti all’inizio mangiava solo pane e patate fritte e non c’era verso di fargli assumere altro.
La lontananza non favorisce il rapporto tra bambino e coppia
Passate le festività abbiamo avuto un solo giorno per prendere coscienza di questa nuova esperienza, perché poi siamo dovuti tornare entrambi al lavoro. Non ci avevano infatti concesso ferie fino a capodanno e Daniil si è subito trovato a fare il pendolare tra noi e i nonni materni. Una situazione che giustamente un po’ ci è pesata, perché avremmo voluto passare tutto questo breve tempo con lui e, Daniil, a prescindere dalle esperienze comunque fatte, ha vissuto questa cosa con difficoltà.
Quando lo portavamo a casa il pomeriggio, dopo il lavoro, si manifestava come un bambino molto attivo, sregolato e nervoso. Passava molto tempo con il cellulare e il tablet, dove aveva cambiato tutte le impostazioni ed era riuscito a scaricare anche dei giochi. In breve questa situazione era diventata insostenibile perché stava chiuso in se stesso e non riuscivamo a staccarlo da questi apparecchi.
Inoltre era difficile tenerlo fermo a tavola a mangiare, perché aveva fretta di tornare alle sue attività, ed oltretutto, era impegnativo capire cosa preparargli, perché erano davvero poche le cose che sembravano piacergli.
Il tempo insieme, un modo per donargli affetto
Finalmente a partire da Capodanno abbiamo trascorso il resto delle giornate completamente assieme, e questo ha dato a Daniil sicurezza sulla nostra presenza. Per ovviare ai problemi emersi abbiamo nascosto gli apparati elettronici e l’abbiamo coinvolto in altre attività: passeggiate, lavoretti in giardino e diverse esperienze esterne come una gita al mare (dove l’abbiamo visto matto di felicità per la sabbia), un museo degli insetti (con tanto di attività didattiche), una visita a Venezia in treno!
Queste esperienze lo hanno estasiato e tranquillizzato e sono stati per noi dei momenti indimenticabili. Era bello sentire come si potesse essere felici con delle cose semplici. Questo gli ha permesso di aprirsi e ha abbandonato l’interesse per tablet e cellulari, cercando di più la nostra presenza. Ovviamente poi a casa, quand’era stanco, si metteva davanti al televisore, ma non era più una cosa esagerata.
Quando le cose non gli andavano, comunque trovava altri pretesti per impuntarsi e fare i capricci. Si bloccava e s’isolava. Data la mancanza di esperienza come genitori e volendogli molto bene all’inizio ci stavamo male e lo accontentavamo, ma poi abbiamo imparato a farlo riflettere. L’esperienza, nel prosieguo, è stata positiva in quanto Daniil faceva meno capricci e capiva il bene che gli volevamo. Per noi è stato un onore e fonte di soddisfazione riuscire ad amarlo.Una sensazione indefinibile a parole e consigliata comunque a chi è pronto ad aprirsi a queste creature bramose di amore e con valigie di sogni.
L’accoglienza temporanea di un bambino ti matura come singolo e come coppia
Il momento del saluto finale è stato struggente: lungo il viaggio in macchina Daniil non parlava.
Mentre in aeroporto si è stretto a me (Antonella) piangendo, causando così un dolore e un pianto indefinibili.
Grazie a questa esperienza siamo giunti alla conclusione che ci riproveremo con un’altra associazione e che il fatto di dispensare amore è il regalo più bello che si possa fare e farsi.
Era la prima esperienza che facevamo da genitori e, causa dei colloqui con agli assistenti sociali, eravamo dubbiosi sulla riuscita ma ci siamo voluti mettere in gioco e rischiare un fallimento.
A fare ciò ci ha spinti la nostra unione di coppia e il fatto di voler dare amore e sentirsi una famiglia più completa. Ci siamo meravigliati e sentiti soddisfatti di come ci siamo approcciati a Daniil e del rapporto che abbiamo creato con lui. È stata una sensazione ineguagliabile sentirsi famiglia, tanto che è arrivato a chiamarci papino e mami.
Concludendo è stata un’esperienza all’inizio dura ma che ci ha permesso di maturare e di capire più da vicino i bisogni di questi bambini unendoci ancor più come coppia.
Antonella e Francesco
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