
Un nuovo quesito per il Dottor Bonato che riguarda un’adozione in difficoltà e il delicato tema della crescita dei figli adottivi. Se avete domande per il Dottor Bonato scrivete a redazione@italiaadozioni.it.
Noi abbiamo adottato ormai molti anni fa una minore di 9 anni che era stata allontanata dalla famiglia a 8. Con l’adolescenza sono aumentati i problemi, quindi in accordo con il Tribunale si è deciso l’inserimento in una Casa Famiglia (…)Posso capire nonostante il vissuto ed i traumi subiti che i legami di sangue siano più forti di tutto, ma sa quanto ferisce da genitore adottivo che si è messo in gioco per darle un futuro, essere estromesso dalle decisioni? (…) La sua frequentazione della famiglia d’origine è stata presa da una rete formata da servizi sociali, casa famiglia, due psicologhe e uno psicoterapeuta con cui rielaborava i traumi subiti, da notare che noi eravamo i committenti di una psicologa e dello psicoterapeuta, ma nonostante questo hanno deciso a nostra insaputa (…) A 16 anni ha avuto una bimba, a 20 è stata allontanata da casa per i suoi comportamenti, fortunatamente la bimba è con noi almeno provvisoriamente. A oggi semplicemente tutti si comportano come se nulla di anomalo fosse accaduto (…) Noi genitori adottivi siamo caricati degli enormi problemi dei nostri figli senza adeguato sostegno, si ha l’impressione che il nostro ruolo si riduca a responsabilità e oneri, per lo più economici.
Caro signore,
le rispondo con grande ritardo, perché avevo difficoltà a capire. La sua lettera mi intrigava. I tempi e i fatti che lei riferisce mi sembravano, in parte almeno, vaghi e incomprensibili. Ma soprattutto non riuscivo a capire da quale fonte e da quale profondità, ancora inesplorata, sgorgassero l’amarezza, la disillusione e il risentimento che la pervadono.
“Molti anni” fa (quanti?), un Tribunale per i Minorenni ha proposto a lei e a sua moglie di adottare una bambina di 9 anni i cui genitori erano decaduti dalla Responsabilità Genitoriale.
Naturalmente avevate presentato al Tribunale la vostra disponibilità ad adottare un minore rimasto “senza genitori”. Probabilmente la proposta del Tribunale realizzava il vostro desiderio di un figlio. In forza dell’adozione, sareste diventati suoi “genitori legittimi per sempre”. Avete accolto questa proposta e dato il vostro consenso. Siete stati scelti, immagino, fra varie coppie che avevano presentato, come voi, la disponibilità all’adozione.
E’ stata grande la fiducia che i giudici hanno riposto in voi. Vi hanno ritenuti umanamente ed affettivamente maturi e in grado di svolgere il compito delicato e difficile di crescere una minore gravemente mortificata da una sofferenza lunga, ingiusta, intollerabile, soprattutto perché inflitta dagli stessi genitori che le avevano dato la vita. Chiameremo questa bambina Giulia, nome di fantasia. Era vissuta 8 anni con loro. L’avevano “maltrattata” così gravemente che il Tribunale per i minorenni ha tolto loro la “Responsabilità Genitoriale”.
Giulia è stata collocata temporaneamente in una Casa Famiglia, dove si presume che abbia trovato un po’ di serenità e di calore con educatori professionali affettuosi e autorevoli e sia stata aiutata ad elaborare le sue angosce, paure, rabbie, da clinici esperti nella cura del disagio minorile. Di solito si seguono percorsi di questo tipo prima dell’ adozione di bambini grandicelli allontanati dalla famiglia per vicende come quelle di Giulia.
Com’è stato il vostro primo incontro con lei? Gioioso, sereno o freddo e imbarazzato? Che impressione vi ha fatto? Era emozionata e curiosa o timida, impacciata, evasiva? Il ventaglio di fantasie, affetti ed emozioni che abitano l’anima non è leggibile facilmente. Il mondo interno, sconosciuto, si declina nei sogni, nel linguaggio, negli atteggiamenti, nei tratti di personalità di ciascuno.
Avrete incontrato e vi sarete intrattenuti con Giulia più volte, e per tempi che si dilatavano sempre più, prima che lei si sentisse pronta a lasciare la comunità e a desiderare di venire “a casa vostra che, da quel momento, è diventata anche casa sua”.
La pubertà e la preadolescenza, si sa, sono connotate da varie mutazioni fisiche, accompagnate da un complesso lavoro mentale nel quale ciascuno rielabora emotivamente e criticamente la propria storia passata. E’ il periodo nel quale sono forti nei ragazzi sia il desiderio, sia la paura di diventare “grandi” e indipendenti. La pubertà si affaccia verso i 12/13 anni, pochi dopo l’adozione di Giulia.
Come avete vissuto, assieme a lei, il tempo iniziale di convivenza quotidiana, forse inquieto? Non deve essere stato facile reggerne l’urto. Immagino le sue ritrosie, diffidenze, provocazioni, e forse la sua svogliatezza e il rifiuto della scuola con le sue regole. Questi figli mettono duramente alla prova i loro nuovi genitori. I comportamenti di Giulia devono avervi preoccupato un bel po’ se il Tribunale ha ipotizzato con voi, e poi ha deciso, un nuovo “allontanamento temporaneo” di vostra figlia da casa e il suo inserimento in una comunità educativa per adolescenti.
La tregua poteva aiutare Giulia a riflettere e voi a tirare il fiato e a riconsiderare con calma tutta la vicenda ridimensionandola, considerando la vita disastrosa che questa ragazza aveva alle spalle prima di conoscervi e vi scaricava addosso in modo irritante e sgangherato. Forse l’unico modo che conosceva per chiedervi un aiuto a risanare e bonificare il suo mondo malato di ricordi e ottenere da voi una qualche forma di risarcimento.
Voi, ovviamente, non eravate tenuti ad assecondare ogni sua pretesa e a lasciar correre ogni sua impertinenza. Non è facile mantenere i nervi saldi in certi momenti. E’ noto che i “no” chiari e motivati aiutano i figli a crescere, così come la benevolenza e l’accondiscendenza nei loro riguardi.
In quella tregua le cose sembravano funzionare meglio, sia in casa sia in comunità.
Giulia però non aveva dimenticato i genitori di nascita. I suoi sentimenti nei loro confronti, verosimilmente, erano molto ambivalenti ed estremi. Per un verso avrebbe voluto incontrarli per vomitare tutta la rabbia che aveva in corpo e confermare a se stessa che erano rimasti “cattivi” come li aveva conosciuti e, per altro verso, osservare se finalmente il dolore di aver perduto la figlia li avesse cambiati. Se si mostrassero cioè pentiti finalmente del male che le avevano fatto e pronti a chiederle perdono. Non lo sappiamo.
Era vissuta con loro 8 anni. Li ricordava bene e ricordava il luogo dove vivevano. Non c’era bisogno dei social per scoprire ciò che le era noto. Nessuna legge le avrebbe impedito di mettersi autonomamente alla loro ricerca e incontrarli. La prudenza semmai avrebbe dovuto trattenerla dal farlo. Ma i giovani, si sa, non conoscono la prudenza, non sanno cosa sia, hanno fretta e vogliono bruciare le tappe.
Lei riferisce che è stato qualche educatore imprudente della comunità di accoglienza a prendere l’iniziativa di accompagnare Giulia nei pressi del luogo che era stato la sua abitazione e l’ha lasciata sola e l’ha aspettata sotto casa.
A suo giudizio, questo fatto è la causa prima di tutte le fughe successive di Giulia, anche dopo il suo rientro nella vostra famiglia. Era diventata incontrollabile e spregiudicata nella sua condotta. Lei è sicuro che non fosse ancora il tempo di assecondare Giulia nel suo comprensibile desiderio-bisogno di fare i conti col proprio passato, perché nulla si era ancora consolidato e maturato in lei per poter affrontare utilmente questo passo. A meno che, come prevede la legge sull’adozione, non si siano verificate, in quel periodo, ragioni tali (ad esempio di natura psicologica ) che ammettono eccezioni. Era il giudice, in quel caso, che doveva autorizzarlo perché, nel tempo del collocamento di Giulia nella comunità educativa, la responsabilità dei genitori adottivi era sospesa e tornava in capo al giudice. Per questo, forse, lei non è stato coinvolto in questa decisione.
Il suo dispiacere è comprensibile e, in qualche senso, legittimo. Se il giudice l’avesse almeno informato lei non si sarebbe indignato così.
Sentivo, nel leggere la sua lettera, che alla base del suo risentimento e della sua rabbia c’era il dolore, il senso di umiliazione e che mi sarei avvicinato a una persona colpita da una sofferenza grande come un lutto che non aveva trovato ancora consolazione, perché non riusciva a intuirne la ragione e il senso. Adesso anche lei, come Giulia, a suo modo, chiede giustizia, perché si è ritenuto maltrattato, usato dalle istituzioni e dai loro rappresentanti. Come se non ci fosse rispetto, dice, per le persone “che con buone intenzioni si mettono in gioco per la vita al fine di dare un futuro a minori diciamo sfortunati…, (a noi) caricati degli enormi problemi dei nostri figli senza adeguato sostegno…e il nostro ruolo si riduce a responsabilità e oneri”.
La “perdita di un figlio”, in qualunque forma avvenga, è quanto di più doloroso possa accadere ai genitori.
Verso la fine della sua lettera lei racconta: “Giulia a 16 anni ha avuto una bimba, a 20 è stata allontanata da casa per i suoi comportamenti”. Completa le due notizie di cronaca con una specie di coda, apparentemente secondaria, buttata lì per concludere una storia tessuta di tribolazioni. Ma che è una perla: “fortunatamente la bimba è con noi almeno provvisoriamente”.
Ma chi è questa bimba che “fortunatamente” è con voi, “seppure “provvisoriamente”? E’ la figlia di vostra figlia, vostra nipote dunque. E perché Giulia l’ha lasciata con voi, l’ha lasciata nella sua famiglia? Non credo sia stato per caricarvi di un peso ingombrante e fastidioso. Voi sentite che costituisce una fortuna, la testimonianza che Giulia si fida di voi ed è certa che le volete bene, ne avrete cura e la nutrirete di tutto l’amore di cui siete capaci. E se la bimba, che sta bene in vostra compagnia, rappresentasse anche una specie di “pegno, di segna-posto” in casa anche per la sua mamma Giulia?.
Questo, forse, è il seme di una intima, buona ragione di vita e di speranza. Buona vita!
Augusto Bonato
Psicologo, psicoterapeuta, già giudice onorario al Tribunale per i Minorenni di Milano
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