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05 Ottobre, 2020

L’adozione non è un reality

Quando l'adozione si confronta con la ricerca nel passato per risalire alle origini
ItaliaAdozioni
insieme a favore di una migliore cultura dell'Adozione e dell'Affido

L’adozione, in tv, diventa spesso un reality.

Purtroppo anche trash.

Il tema che oggi fa più audience è la ricerca delle origini, in particolare della “mamma vera”, come viene chiamata la madre biologica, in contrapposizione con quella adottiva che sì, dicono i media, è quella che accoglie e salva, ma, in definitiva, è arrivata solo seconda.

E qui iniziano gli scoop televisivi, pronti a filmare i “ricongiungimenti” tra adottati e genitori di nascita. Le serie sono tante, da “La vita in diretta” a “Storie vere”, o “C’è posta per te”, alle storie condotte da Al Bano, alle varie trasmissioni condotte dalla D’Urso. Ovunque la ricetta è la stessa: si scelgono storie che tocchino le corde più intime degli spettatori, dalla curiosità alla sorpresa, fino ad arrivare alle lacrime e alla commozione. Inevitabile, di fronte all’immagine di un adulto-figlio che ritrova la sua madre “vera” dopo averla cercata per tanti anni.  I due si abbracciano, parte una bella musica di sottofondo, lui e lei piangono, noi pure, e chiudiamo nella certezza che da quel momento in poi i due vivranno finalmente e per sempre insieme, ovviamente felici e contenti. Perché finalmente, e dopo tante sofferenze, si sono ritrovati!

La storia di una coppia che adotta non fa più audience, a meno che non si tratti di un single, meglio se omosessuale.

Quello che interessa è la storia dell’adottato che ricerca sua madre, e dopo tante traversie riesce a trovarla, magari in diretta.  Spesso sono storie di adozioni nazionali, avvenute molti anni fa, più facili da raccontare, e nelle quali i ricongiungimenti hanno maggiori probabilità di avere un lieto fine, quello dell’abbraccio. Ma può andar bene anche una storia in cui non si trova niente, magari solo una tomba, se però si incontrano fratelli e sorelle affettuose e disponibili.

Ma la realtà può essere ben diversa, e non facile da filmare. Una gran parte degli adottati che cercano sono stati “tolti” ai propri genitori biologici, [1]non con una menzogna od uno stratagemma, ma perché questi non se ne prendevano cura. Il mondo, in Italia e fuori, è pieno di famiglie che i figli li maltrattano, o peggio li abusano, o li vendono, o in cui i genitori sono dediti ad alcool, droghe, o sono finiti in carcere o… magari erano dei buoni genitori ma sono deceduti, vittime di malattie o guerre delle tante che devastano il mondo. Molti sono impossibili da trovare. Gli altri, forse meglio non ritrovarli. Specie se vogliamo raccontare le storie degli anni più recenti, gli scenari sarebbero senz’altro spiacevoli da vedere.

E così si finisce per dare un’immagine distorta dell’adozione, quella degli adottati come “vittime” di una “cattiva” burocrazia, che anziché proteggerli li ha strappati con illegittima violenza dalle proprie radici. E quelle di una ricerca che, per quanto lunga e difficile, non può che condurre ad un lieto fine, portando finalmente tutte le risposte, ricongiungendo gli adottati alle proprie famiglie di origine.

La ricerca delle proprie origini.

E’ ovviamente un diritto per gli adottati riconosciuto anche dalla legge, porta sì ad alcune risposte, ma non a tutte. Porta a ritrovare qualcosa o qualcuno, ma raramente si tratta della persona che si cercava. Ed allora l’adottato resta nella rabbia e nel dolore, torna alla sua ricerca, dimenticandosi di vivere con pienezza la sua vita di oggi.

Ma quando la ricerca ha successo, cosa succede dopo quella commovente immagine che abbiamo visto in tv del loro incontro?

Proviamo ad immaginare: i due si abbracciano e si incontrano oggi, nel qui ed ora. Ognuno è desideroso di recuperare il passato: la madre biologica vorrebbe riavere il suo bambino, e lui la mamma che in tutti questi anni ha sognato. Lui cerca una madre affettuosa ed accudente, e lei un bambino-adulto gentile e facile al perdono. Nessuno dei due risponde a questi connotati. In realtà abbiamo assistito all’incontro di due estranei, che devono imparare ad andare oltre ai fantasmi che si sono costruiti nel tempo. La maggior parte dei ricongiungimenti (parlo per la conoscenza ventennale che ho del fenomeno in Italia e all’estero) non conduce ad una vita da fare insieme, nel recupero di un passato che poteva essere, ma che non c’è stato. Spesso, dopo quell’incontro, non ne seguono molti altri. Ognuno dei due deve superare rabbie o sensi di colpa, e va costruita una nuova relazione che guardi al futuro e non al passato.

Cerco di aiutare le persone adottate, insieme ai proprio genitori adottivi, ad affrontare le ricerche con maggiore consapevolezza: occorre prepararsi. Non si tratta di viaggi facili. Ma purtroppo, grazie ai media, ognuno parte con spavalderia, magari servendosi di fb, o agenzie investigative, quasi si trattasse di viaggi turistici solo un po’ speciali. E spesso ognuno parte da solo, fidandosi di un istinto che crede infallibile. E invece ci sono fallimenti, e anche tanti pericoli. Non tutto è come in tv.

 E gli effetti sulle adozioni?

Il tema della ricerca delle origini, così come è trattato dai media, non fa che alimentare le ansie e le paure in chi vorrebbe adottare. E’ facile pensare: oggi lo adotto, lo cresco come figlio… e un domani lui se ne va via per cercare la sua mamma. E la ritrova, e lei è buona e brava, è perfetta, e stanno insieme, e lo perdiamo per sempre! Occorre davvero poco per alimentare la già presente insicurezza in chi decide di creare una famiglia basata su di un legame affettivo e non di sangue. Così in molti scelgono altre strade per arrivare a quella genitorialità tanto desiderata, che assomiglino il più possibile a quella biologica: la procreazione assistita, magari eterologa, come gli ha consigliato quel ginecologo.

Ai media dobbiamo chiedere di farci vedere meno reality e più verità, e con maggior rispetto. E agli adottati: non fate della vostra storia un’occasione di spettacolo. Dovete pretendere più riservatezza, e non accettare un passaggio in tv quando non vi danno su questo precise garanzie. E nemmeno andate al GF: per loro è share… per voi si tratta della vostra vita.

E per tutti, adottati e genitori adottivi, quando si tratta di affrontare la ricerca delle origini non fatelo da soli, ma fatevi aiutare, con umiltà e fiducia. Ci sono associazioni e gruppi, anche di adottati, con cui condividere i percorsi, e validi professionisti cui affidarsi. Ma state alla larga dalla televisione!

D.ssa Anna Genni Miliotti

Docente, formatrice, scrittrice. E madre di due figli “già confezionati”.

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