Immagine di Claudia Torello (tutti i diritti riservati)
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29 Settembre, 2020

Lettera ad una mamma mai nata

Una lettera alla mamma di nascita da una mamma adottiva, Festival delle Lettere ed. 2016
Claudia Torello
Mamma adottiva, illustratrice
Immagine di Claudia Torello (tutti i diritti riservati)

Dalla collaborazione tra il Festival delle lettere e ItaliaAdozioni abbiamo raccolto nel tempo scritti meravigliosi che raccontano l’Adozione in ogni sua sfaccettatura. Alcune lettere sono raccolte nel nostro libro Cara Adozione ed altre sono state pubblicate sul nostro sito nel tempo.

Non so chi tu sia né perché tu l’abbia fatto, ma grazie! Non sapremo mai cosa sia significato per te portare una vita in grembo per 9 mesi, farla venire al mondo per poi lasciarla, al mondo. Ma tutti quei sentimenti ora sono racchiusi nel sorriso della mia bimba. Perché è grazie al tuo “si” che noi ci siamo incontrati e siamo diventati una famiglia.

Avrebbe potuto non nascere. Tu le hai dato la vita e io ho il privilegio di essere in prima fila nel vederla crescere e accompagnarla mano nella mano. Insegnerò alla mia bimba a non giudicarti, perché mai sapremo nulla di te, ma quando nell’innocenza dei suoi 5 anni mi chiede se è vero che ha due mamme, mi sento le gambe di gelatina. La mia sicurezza di mamma adottiva vacilla. Non sto tutti i giorni a pensare alla nostra storia. Anzi, parlando con un’amica che sa della nostra storia, e confrontando le altezze mamma/figlia, sono riuscita a dire “ma non c’entra, guarda noi!” Ci siamo guardate negli occhi e siamo scoppiate a ridere. Stasera però ti ho pensata.

Guardo la mia bimba dormire col sorriso sulle labbra, non smetto di accarezzarla, quasi ad accompagnare i suoi pensieri e a cercare di immaginare cosa sta sognando. Ogni volta che mi chiama “mamma” è un piccolo miracolo che si rinnova: fuori da scuola per farsi rincorrere, a casa perché non riesce ad prendere un gioco dalla mensola, in piscina per salutarmi e farsi vedere, o ai giardini se cadendo si è sbucciata un ginocchio.

“MammAAAAAA” per dirmi che sta correndo per andare a giocare con Beatrice e io capisco solo “ice”, perché già sparita dietro l’albero. “MAAAAAAAAmma” perché sta ridendo dietro una scarpa volata giù dallo scivolo. “Mam-­‐mm-­‐mma” piangendo perché Caterina non vuole più giocare con lei.

Si, a volte è bello respirare il profumo dell’essere uguale a tutti i suoi coetanei ed io a tutte le altre mamme dei giardini! Oggi però una persona mi ha fatto LA domanda. Lo sapevo che prima o poi sarebbe arrivata, ma quando l’ho sentita, ha avuto la forza di gelarmi il sangue: “Cosa sai della sua mamma, si insomma, intendo quella VERA?” Perché, io sono cosa sono? quella finta?

E nella mia testa si sono susseguite mille foto, mille momenti, mille istanti: io sono la sua vera mamma. Ė me che vuole la notte se ha fatto un brutto sogno. Ė a me che salta al collo urlando “mammaaaaa” quando la vado a prendere all’asilo e mi saluta riempiendomi di bacini umidicci. Ė da me che vuole il bacino della buonanotte e quello della bua.

“Mamma” è uno stato che a me non viene riconosciuto all’istante? Possibile che per il resto dell’umanità solo una pancia legittimi al ruolo di mamma? Ma cosa potrei rispondere a quella domanda? Qualcosa che renda l’idea di cosa voglia dire essere una “mamma mai nata”? Di cosa ci sia dietro questa decisione, cosa possiamo sapere noi? Di cosa hai pagato e di cosa pagherai per quel gesto, forse l’unico che potessi fare per quella creatura. Oppure cercare di rendere l’idea dell’essere mamma adottiva: arrivare alla decisione di adottare, il percorso preadottivo, l’attesa, l’emozione dell’incontro, la nostra vita straordinariamente stravolta, la nostra nuova routine a tre e il racconto alla nostra bimba dell’inizio della sua storia lontana da noi. Tutto in una frase che esaudisca la sua curiosità?

Ma perché ora vogliono sapere di te? Perché per loro non basto come mamma della mia bimba?

Chiudo gli occhi e scaccio i cattivi pensieri. Vado alla finestra a vedere la notte. Gli alberi mossi dal vento e il mare nero sullo sfondo che mi riporta a quando, guardando l’orizzonte, chiudevo gli occhi e cercavo di immaginare l’incontro, la nostra vista a tre e soprattutto immaginavo me un giorno finalmente mamma. Senza pensare ad un altra “mamma”, quella che non sarebbe diventata tale. Quella a cui la natura avrebbe dato la pancia che spettava a me. Apro gli occhi e lei è qui, accoccolata sotto il piumone. Mi avvicino e le do un bacio sulla guancia. Si muove con un leggero sussulto e si riprende il suo doudou.

Lei sa che la sua mamma non ė riuscita a farla passare dalla sua pancia. Ha imparato che le mamme con la pancia hanno il latte da dare ai loro piccoli, che io non ho avuto per lei. Sa che “Ci sono i bambini che nascono dalla pancia della mamma e i bambini che non nascono dalla pancia della mamma e la incontrano dopo”.

Non avrà i miei occhi, perché hai i suoi occhi e non avrà il mio naso, perché lei ha il suo naso. E un giorno allo specchio realizzerà che i suoi lineamenti non sono come i miei o come quelli del suo papà, ma come i tuoi. Io l’amo cosi come è. Non potrei amarla più di così se avesse i miei occhi o il mio naso. Ma quando un giorno un’amica mi disse: “questa bambina è sempre sorridente, ha preso da te la gioia di vivere!”, allora l’ho guardata con occhi nuovi, una volta di più, e una piccola lacrima è scesa dalle mie guance… Allora si che ci somigliamo! C’è qualcosa di più bello da sentirsi dire per una mamma? Fai una buona notte cucciola mia, che domani ci aspetta un altro pezzo di vita insieme, ricordi da costruire e che rimarranno indissolubili.

E buona notte a te “mamma di pancia”, io e te legate da un filo invisibile senza conoscerci, senza esserci mai incontrate. Un filo che passa da una bimba che ha i tuoi capelli e il mio accento, il tuo naso e il mio gesticolare, il colore dei tuoi occhi e la mia gioia di vivere. Ecco cosa so.


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