
«Avevo circa tre anni e, seduto sul tappeto del salotto, osservavo curioso le immagini alla televisione in cui una femmina di delfino stava partorendo il suo cucciolo. Rimasi incantato da quella scena e chiesi a mia madre: “Anche io sono nato dalla tua pancia?”. “No, tesoro. Tu sei nato dal mio cuore”. Quella risposta mi spiazzò completamente.
Se non ero nato dalla pancia di mia madre, da dove ero uscito? Cominciai a piangere disperato, mentre mi aggrappavo a lei protestando “Non è vero, sono nato dalla tua pancia, non è vero!”. Mia madre mi prese in braccio e ribadì con voce ferma e dolce: “Tu non sei uscito dalla mia pancia, ma dal mio cuore”.
Poi, sempre tenendomi stretto a sé, soggiunse: “I bambini normalmente nascono dalla pancia della mamma. Ma ci sono al mondo dei bambini molto speciali che, invece, nascono dal cuore. Sono i bimbi delle favole. E tu sei uno di loro. Questi bambini speciali germogliano nel cuore di una mamma che vive in un posto qualsiasi del mondo, spesso molto distante da dove loro poi nasceranno. Ma, come nelle favole, le fate buone poi li fanno incontrare”. Ho scoperto così di essere un bambino nato dal cuore».
E’ il racconto di Marco, un ragazzo conosciuto per caso ad un corso d’inglese qualche anno fa.
Marco si è presentato così durante un’esercitazione in aula in cui ci era stato chiesto, appunto, di presentarci. Quando gli ho chiesto perché l’avesse fatto, ha risposto “Ho imparato a soddisfare la curiosità del mondo, anticipandolo. Prima o poi qualcuno ti chiede sempre chi sei e da dove vieni e ti riapre una ferita sul passato con il quale alcune persone adottate riescono a fare i conti una volta per tutte. Molti si portano dietro il senso di abbandono, ovvero di un rifiuto da parte di qualcuno che avrebbe dovuto amarli per legge di natura e invece ha scelto di non farlo. Molti, divenuti adulti, cercano di dare un volto al passato spesso senza riuscirci, condannandosi alla malinconia”.
Dopo la lezione ci siamo fermati a parlare ed ho scoperto che Marco era laureato in psicologia e si occupava di adozioni. E chi meglio di lui poteva capire quanta spinta interiore sia necessaria per realizzare un’adozione?
L’adozione non è, come dicono molti con ammirazione, “un bel gesto”; ma una scelta consapevole delle difficoltà che si dovranno affrontare e che iniziano con carte bollate e colloqui estenuanti e finiscono con un pulcino fra le braccia pieno di ferite da curare.
L’adozione è una strada tutta in salita, piena di sassolini che ti entrano nelle scarpe e rendono il percorso ancora più faticoso; ma è un’esperienza unica che tutti dovrebbero fare, perché quel figlio lo partorisci ad ogni suo traguardo, ad ogni sua sconfitta, ad ogni sua lacrima o sorriso.
Il verbo “adottare”, ha spiegato Marco, deriva dai termini latini ad- e optare “desiderare, scegliere” e l’adozione è proprio questo: una scelta originata dal desiderio, un sentimento intenso che spinge a cercare di “fare proprio” e che viene dal cuore.
Marco lo ha capito a tre anni, dalle parole di sua madre e non ha più avuto bisogno di farsi domande.
Cecilia Ceccomarini
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