
“L’attesa infinita, i dispetti della vita.
In questi giorni chiusa in casa, mi trovo ancora più spesso a farmi domande sull’attesa e sul nostro percorso adottivo.
Le attese per chi adotta sono molte.
Si attende la chiamata dei Servizi dopo aver consegnato la disponibilità. Si attende la relazione che faranno dopo aver “studiato” la nostra coppia. Si attende il colloquio con il giudice e il verdetto della Camera di Consiglio. Si sceglie l’Ente e si attendono i tempi della burocrazia per ogni documento richiesto dal Paese. Si attende l’abbinamento. Si attende di partire per incontrare quel figlio tanto cercato.
In tutte queste attese qualcosa può andare storto per diversi motivi. Ci si prepara psicologicamente anche se, spesso, ci arrabbiamo.
Noi abbiamo vissuto tutte queste attese e, quando ormai eravamo vicini all’obiettivo, tutto si è fermato. Abbiamo avuto l’abbinamento con il nostro bambino nel suo Paese, la Cina, con la speranza di poter partire in primavera e, invece,è arrivato questo virus, prima in Cina e ora qui. Così da fine gennaio siamo tutti e due in un limbo, non abbiamo la minima idea di quando potremo volare dal nostro piccolino e, cosa ancora peggiore, non abbiamo alcuna notizia diretta su di lui e della sua salute.
Questa attesa, senza riferimenti temporali che ci permettano di definirla è terribile, è come precipitare in un enorme buco nero, di cui non vedi il fondo né sai se cadrai sul morbido o meno.
Per noi è doppiamente difficile perché dobbiamo gestire l’attesa anche per nostro figlio che non vede l’ora di diventare realmente “fratello maggiore”.
L’unica cosa che ci dà un po’ di conforto è sapere che nostro figlio non sa ancora di avere già una mamma, un papà e un fratellino dall’altra parte del mondo, ansiosi di raggiungerlo e di amarlo per sempre.
Poi però penso a quanto, ancora una volta, la vita sia stata ingiusta con lui.
È nato con dei problemi di salute, lo hanno lasciato dove, per fortuna, lo hanno curato e ora, che ha trovato la sua famiglia, deve ancora aspettare per essere, finalmente, un figlio per sempre. Mi pesa pensare, che proprio per i suoi problemi di salute, ogni giorno perso, ha un peso ancora maggiore in vista di un recupero quanto mai prezioso per la sua vita futura.
Comunque, per quanto pesante e piena di incertezza sia questa attesa c’è un’unica certezza, noi non molleremo perché quel bimbo che aspetta in Cina per noi è già nostro figlio”.
Sara, una mamma in attesa
Mi piacerebbe davvero tanto avere parole di conforto per questi genitori in attesa.
Parole capaci di accarezzare le loro emozioni.
Invece, posso solo provare ad immaginare
ora
questo smarrimento.
Sembra quasi impossibile!
Io conosco le tensioni dell’attesa che si sciolgono al momento dell’incontro,
tanta è la gioia repressa per anni che esplode.
Un po’ come i dolori del parto,
dimenticati al momento del primo abbraccio tra madre e figlio!
Un’attesa colma di riflessioni e di dialoghi con noi stessi,
che ci fa fare i conti con chi siamo, con chi eravamo, e con chi stiamo diventando.
Un viaggio anche affascinante che ci fa scoprire risorse ed energie che non pensavamo di avere
e, allo stesso tempo,mette a nudo le nostre fragilità e i nostri limiti
perché il nostro sguardo non trova gli stessi orizzonti dei genitori di pancia.
L’attesa di un figlio di pancia ha un tempo definito. Un tempo più o meno certo
e, infatti, anche in questo periodo difficile i figli nascono come sempre nella storia dell’uomo!
Un inno alla vita che si rinnova qualsiasi cosa accada!
Nella nostra genitorialità adottiva invece,
dal momento in cui nasce in noi il desiderio di diventare genitori di figli già nati
andiamo,
andiamo verso un viaggio, dentro e fuori di noi,
un viaggio che ci avvolge in un’acqua dolce e salata allo stesso tempo,
un’acqua con i colori della rugiada,
con il fruscio di un ruscello ma anche con ristagni,
lasciandoci tante domande,
nuove e vecchie allo stesso tempo.
Tempo di attesa che ora si dilata ancora di più,
che fa i conti con questa pandemia che sta sconvolgendo il mondo,
che ci spinge dentro una bolla senza ossigeno
dove si trovano altre domande
e altre e altre ancora.
Domande che tante mamme e tanti papà di figli già nati accolgono,
sperando di accendere una luce nei sentieri oscuri
dove questi genitori, in attesa al tempo della quarantena,
barcollano,
dove il respiro della vita, che non smette mai di unirci alla vita,
non si ferma,
una vita che sentiamo incompleta senza i nostri figli accanto a noi.
Ci basta sapere il suo nome,
guardare una sua foto
per sentirlo vicino,
per sentirlo nostro,
dentro,
che scalpita per “uscire fuori” dai nostri pensieri e dal nostro cuore
e unirsi a noi
per sempre!
Emozioni conosciute e sconosciute allo stesso tempo,
che esplodono dentro,
e che ci spingono ad andare avanti,
pronti per superare tutti gli ostacoli
per riuscire a vivere e respirare
questo tempo che ci separa dai nostri figli già nati.
Il nostro inno alla vita fatto di “tempo senza tempo”
che ci unisce all’unico inno alla vita
che tutti i genitori conoscono.
Daniela Pazienza, mamma adottiva
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