
Nell’adozione internazionale sempre più spesso alle coppie sono proposti abbinamenti con bambini affetti da qualche patologia. Prima di decidere le coppie hanno il diritto di conoscere a cosa vanno incontro. Si tratta per lo più di patologie poco diffuse in Italia. Si consideri che in alcuni Paesi esteri chiedono in modo esplicito la disponibilità dei genitori (vedi Filippine per la labiopalatoschisi).
ItaliaAdozioni propone una serie di schede utili ai genitori che adotteranno all’estero, una specie di promemoria con le varie malattie alle quali possono andare incontro i loro figli: di che si tratta, che tipo di cure ci vogliono e quanta possibilità di recupero in concreto esistono.
Se hai delle richieste specifiche, contattaci a redazione@italiaadozioni.it.
Di seguito l’intervista al dott. Stefano Arioli che si occupa di soluzioni di problemi uditivi da più di vent’anni.
Quale consiglio si può dare ai genitori adottivi che hanno un problema di tipo uditivo con il loro bambino?
Mantenete la calma e ricordatevi che con le tecniche attuali si riescono ad ottenere risultati straordinari senza nessun limite per il bambino, e gli unici disagi da gestire spesso sono proprio quelli dei genitori stessi E’ consigliabile rivolgersi a centri audiologici con comprovata esperienza nella diagnosi e trattamento delle ipoacusie infantili, che si avvalgono di una equipe multidisciplinare e di una strumentazione adeguata per la sordità infantile (possibilità di eseguire otoemissioni acustiche, potenziali evocati acustici, audiometria infantile comportamentale e condizionata e procedura di impianto cocleare). Ritengo che nel mondo dell’adozione, la fetta di bambini adottati con bisogni speciali, almeno quelli di tipo audiologico, non debba assolutamente spaventare quei genitori alla ricerca del loro bambino. Con le tecnologie di oggi e il supporto di personale qualificato siamo in grado di migliorare tutti gli aspetti di difficoltà legati all’ipoacusia.
C’è un modo per accorgersi se un bambino non sente?
Sì, come accennavo prima esistono esami oggettivi, cioè che non richiedono la partecipazione attiva del paziente, come ABR e POTENZIALI EVOCATI, OTOEMISSIONI ACUSTICHE, che permettono di identificare con esattezza l’eventuale problema uditivo, la misura dello stesso e l’origine.
Chi sono i bambini sordomuti?
Sono quei bambini che a causa di una sordità profonda, non sono stati in grado di sviluppare in modo adeguato il linguaggio e di conseguenza si esprimono con versi e suoni disarticolati.
I bambini sordomuti possono avere altre patologie associate? Possono avere altri deficit neurologici?
Grande differenza la fa la tempistica dell’insorgenza dell’ipoacusia: se pre o post linguale. Mi spiego meglio. Se, nei primi 4 anni di vita, la corteccia cerebrale non riceve segnali adeguati dall’orecchio e dal nervo acustico, non si sviluppano i circuiti neuronali che consentono la capacità di analizzare correttamente i suoni e le parole. Questo fenomeno si chiama deprivazione uditiva e si riflette su tante funzioni: percezione acustica, linguaggio, attenzione, memoria, attività spazio temporale, sviluppo cognitivo, carattere e rapporti sociali. La difficoltà linguistico-comunicativa può determinare inoltre alterazioni comportamentali (bambini iperattivi, oppositori, egocentrici…), cognitive (per raggiungere gli stadi più evoluti di sviluppo del pensiero è necessario un codice linguistico), di attenzione e memoria e nell’apprendimento scolastico
Che cure ci sono per la sordità e che cosa comportano? Ci si deve sottoporre a interventi chirurgici per gli impianti protesici? Esistono protesi esterne?
Non esistono CURE in quanto non siamo di fronte ad una malattia ma esistono delle terapie da affrontare con serenità in Equipe Audiologica (Audioprotesista, Logopedista, Audiologo, Neuropsichiatra e Otorino). Tutte le suddette difficoltà possono essere limitate attraverso una precoce ed efficace terapia protesica ed il trattamento logopedico, nonché da un monitoraggio costante dello sviluppo complessivo da parte del Neuropsichiatra Infantile e degli altri operatori dell’equipe. E’ essenziale inoltre che il progetto terapeutico del bambino ipoacusico coinvolga direttamente e in modo coordinato la famiglia, la scuola e tutti coloro che fanno parte della sua vita quotidiana
Un bambino sordo può imparare a parlare?
Il primo concetto fondamentale è che un bambino ipoacusico deve essere considerato prima di tutto un bambino, soprattutto dai genitori, senza che la sua situazione patologica prenda il sopravvento nella relazione con lui. Nell’eventualità che un bambino abbia scarsi residui uditivi, è essenziale che la famiglia si convinca quanto prima che al giorno d’oggi ci sono mezzi e risorse di vario tipo che possono consentire al loro figlio un buon recupero sia del suo deficit primario -la carenza uditiva- che dei suoi effetti collaterali, primo fra i quali l’impossibilità di apprendere spontaneamente il linguaggio che può a sua volta limitare un normale sviluppo cognitivo, affettivo-relazionale e degli apprendimenti.
E’ necessario però che i genitori comprendano fin dall’inizio che tale processo non è assolutamente automatico né semplice e richiede un notevole impegno. Infatti il loro bambino riuscirà a raggiungere risultati paragonabili a quelli dei coetanei solo se verrà messo in condizioni estremamente vantaggiose, ciò si può realizzare solo con una convergenza di mezzi e intenti da parte di varie persone che prenderanno parte al progetto educativo e rieducativo, nel quale comunque il ruolo fondamentale spetta alla famiglia.
Per la sordità quali centri pubblici di riferimento ci sono in Italia? Dove?
Si esistono diversi centri pubblici specializzati, io ho avuto la fortuna di conoscere e collaborare con il centro di Audiovestibologia di Varese guidato dalla Dottoressa Cristofari. Assolutamente il centro d’eccellenza per tutti i problemi di cui abbiamo parlato.
Lei ha partecipato ad un’iniziativa umanitaria in Pakistan dove si è occupato di 27 bambini sordomuti con l’associazione filantropica Children First Onlus. Vuole raccontarci qualcosa della tua esperienza?
Partecipando a questo progetto in Pakistan il mio cuore si è aperto ad emozioni e sentimenti a cui non ero assolutamente preparato. Nulla è stato più come prima. Le famiglie con cui sono entrato in contatto (considerando i parametri italiani ed europei) sono tra le più disagiate che io abbia mai visto, ma assolutamente nella norma se osservate nel loro contesto geografico e sociale. Tutti i bambini che ho visitato, dai tre agli otto anni, avevano enormi problemi uditivi e notevoli problemi di locuzione, chiusi in un freddo silenzio di suoni attutiti. Immaginate la paura di un bambino di fronte alla comparsa di un adulto senza averlo sentito arrivare, senza sentire la voce conosciuta che lo rasserena. Credo che in tutti loro l’enorme potenziale di recupero cresca esponenzialmente e con maggiori risorse proprio in quelli i cui disagi sono maggiori. Dopo aver eseguito i controlli necessari e aver protesizzato ognuno con gli adeguati apparecchi acustici sono ritornato dopo un anno per valutare e misurare il miglioramento di ogni bambino. Beh i risultati sono stati sorprendenti. Tutti i bambini mi hanno accolto parlando: “Welcome back, sir…”. L’emozione unita alla soddisfazione sono state immense.
Altri articoli su aspetti medici:
0 commenti