
Qualcuno definisce Bucarest la “capitale delle contraddizioni”. Forse perché, passeggiando per il centro città, non si può fare a meno di notare che accanto ad alcuni affascinanti edifici storici ristrutturati, sorgono palazzi fatiscenti in apparenza senza vita. In alcuni di quei palazzi abbandonati ma non disabitati, vivono famiglie senza corrente, acqua calda e riscaldamento.
Un centro diurno
Ho avuto l’occasione di recarmi a Bucarest, per scrivere la mia tesi di laurea in Antropologia Culturale sul tema delle adozioni internazionali in Romania. Sono stata ospite per tre mesi di una ONG romena di nome Carusel che lavora prevalentemente con tossicodipendenti, prostitute e senza tetto. Al mio arrivo Carusel aveva aperto da qualche anno un centro diurno per i figli dei loro utenti. Il centro era aperto 3 giorni a settimana e la coordinatrice aveva stipulato un “patto” con i servizi sociali territoriali: i bambini che frequentavano il centro sarebbero stati monitorati da lei evitando, finché possibile, il loro inserimento in case-famiglia. Questo accordo era molto importante per la coordinatrice del centro, a causa della scarsa fiducia da lei riposta nella gestione delle case-famiglia e degli orfanotrofi in Romania.
Ho trascorso giorni meravigliosi in compagnia di queste piccole persone già mature, autonome e responsabili. I ragazzi che venivano da noi erano incredibilmente liberi di giocare e di autogestirsi, mai capricciosi. Merito sicuramente dei volontari dell’associazione che si prendevano amorevolmente cura di loro. I bambini, sorridenti e gentili, zampettavano dentro e fuori dal centro con i piedi mezzi nudi sebbene fossimo d’inverno. Ricordo una ragazzina che frequentava il centro e che a 11 anni non sapeva ancora nè leggere nè scrivere. Non scorderò mai due sorelline che abitavano proprio in uno di quei palazzi che di giorno sembravano disabitati e di notte brulicavano di famiglie. Lo avevo scoperto durante un’uscita notturna con l’unità mobile di strada di Carusel, che si occupava di distribuire, tra le altre cose, cibo ai bisognosi. Consegnammo dei panini proprio nella casa dove abitavano le bambine e vidi la loro sorella più grande prendere il cibo offerto con un sorriso di gratitudine.
La vicenda riguardo gli orfanotrofi
Credo che in molti conoscano la vicenda degli orfanotrofi romeni che, negli anni 90, ha reso i piccoli orfani tristemente famosi in tutto il mondo occidentale. La notorietà di questi bambini cresciuti in condizioni terribili (in carenza di cure di qualsiasi genere e in estrema deprivazione) rese possibile però l’adozione di molti di loro da parte soprattutto di coppie euro-americane in cerca di un figlio di cui prendersi cura. Purtroppo, anche la soluzione dell’adozione finì con il rendere i piccoli orfani romeni ancora una volta tristemente famosi: nel 2001 il governo romeno decise di imporre una moratoria sulle adozioni internazionali, poiché purtroppo avevano assunto il carattere di traffico internazionale di minori.
Una esperienza, un progetto
Basandomi su ciò che ho visto e conosciuto durante la mia esperienza, posso dire che i bambini che ho incontrato al centro di Carusel vivevano in condizioni di indigenza. Alcuni di loro vivevano in case che noi italiani definiremmo non idonee all’accoglienza di un minore. Posso però affermare che grazie al cosiddetto terzo settore (e quindi, ad esempio a Carusel come ad altre associazioni private) molti di loro riuscivano a vivere la vita “più dignitosa possibile” senza doversi dividere dalla loro famiglia.
Certo, formalmente gli ex-orfanotrofi, ovvero le nuove case-famiglia, dovrebbero aderire a degli standard di benessere stabiliti dalle convenzioni internazionali sui diritti dei minori e, soprattutto, dagli accordi con l’Unione Europea. Ciò nonostante, non ho osservato manifestazioni di fiducia da parte degli operatori del terzo settore verso le istituzioni e gli istituti per i minori.
Nel frattempo, le adozioni internazionali rimangono chiuse e probabilmente il popolo romeno è ancora ferito, scottato dagli anni di adozioni senza controllo che hanno sconfinato nel traffico illegale di bambini. Per il momento i “supereroi” di Carusel si impegnano a creare le condizioni, affinché il collocamento negli istituti rimanga un’ultima, inevitabile possibilità per i loro bambini .
Tatiana Pini
0 commenti