La genitorialità adottiva è pienamente riconosciuta nel primo anno di adozione internazionale e dopo la sentenza definitiva (circa 12-15 mesi dopo il collocamento) nell’adozione nazionale.
L’affido invece è un’operazione di squadra che prosegue nel tempo, dove la genitorialità e le responsabilità sono distribuite e coordinate.
Gli operatori dei servizi sono anch’essi partecipi delle decisioni, soprattutto di alcune scelte più impegnative (scelte scolastiche o sanitarie) e dei contatti tra il minore e la famiglia originaria. Essi sono coloro che guidano il progetto e aggiornano il Giudice che ha disposto questo tipo di accoglienza del minore.
Quanto dura l’affido
Il periodo di affido dovrebbe corrispondere al tempo necessario perché la famiglia del minore (anche monogenitoriale oppure costituita da un altro famigliare, come una nonna o una zia) venga aiutata a superare le difficoltà che hanno generato la necessità di un collocamento extrafamiliare, allo scopo di poter riaccogliere il minore a casa.
L’affido è generalmente progettato per due anni con la possibilità di proroga quando sia necessario.
In realtà, l’esperienza di molti servizi e tribunali dimostra che i tempi di risoluzione delle difficoltà spesso portano a tempi più lunghi di collocamento in affido, e ad un prolungamento dell’accoglienza in famiglie affidatarie anche oltre i canonici due o quattro anni.
L’affido dei casi particolari
Come per l’affido, anche la normativa sull’adozione comprende la possibilità di accogliere i cosiddetti “casi particolari”, situazioni in cui è necessario proteggere eventuali relazioni buone e significative che si sono già instaurate nel momento in cui il minore rimane senza i propri genitori.
Ai minori che si trovano in condizioni difficili (a causa di una patologia o un deficit sia fisico che psichico) che non favoriscono un facile abbinamento adottivo, si cerca di garantire un affidamento.
Nei casi definiti come “particolari”, la normativa consente l’adozione da parte di un parente (che abbia un rapporto significativo con il minore) fino al 6° grado oppure da parte del nuovo coniuge del genitore del minore (quando l’altro genitore sia decaduto o deceduto).
Inoltre anche le disponibilità di candidati con caratteristiche differenti dai requisiti standard (per età o perché non coniugati) possono essere risorse utili all’accoglienza di queste situazioni particolari.
Le complessità emotive dell’affido
L’affido è ricco di complessità, perché il bambino si muove, anche solo con il pensiero, da una famiglia all’altra, portando con sé l’affetto, i desideri, a volte le tristezze e le sconfitte, ma anche le conquiste.
E anche gli adulti che intraprendono l’affido, sanno di poter allargare lo sguardo, con benevolenza e pazienza, verso quei genitori, talvolta un po’ “zoppicanti” e un po’ deludenti, per prendersi cura non solo del bimbo che per un po’ vivrà con loro, ma anche della sua storia e della sua appartenenza.
Ricordiamo che la storia dei minori collocati in affidamento è purtroppo costellata di cambiamenti, anche repentini, di fratture, di trasferimenti e di mutamenti, anche di chi ha la responsabilità del loro progetto per lavoro (ad esempio il cambiamento degli operatori).
Proprio qualche giorno fa una bambina, che ha già vissuto tre collocamenti differenti e che da poco ho conosciuto come operatrice di riferimento, mi chiedeva di garantirle che sarei stata “sempre” la sua Assistente sociale.
Mi ha colpito la sua necessità di avere certezza del futuro e sicurezze su cui contare.
Ed è probabilmente proprio questo bisogno di certezze e di sicurezza che accomuna tutti i bambini e ragazzi in condizione di affido.
Valeria Auteri
Assistente sociale
Consorzio servizi sociali olgiatese
Buongiorno! Sono interessata sia all’affido che all’adozione… fino a che età potremmo adottare? Sono della provincia di Bari Attendo una vostra risposta Grazie
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