
La genitorialità adottiva
L’intento di scrivere il seguente elaborato prende le mosse dal desiderio di accantonare l’idea che la biologia sia l’unica cosa che rende genitori, che non sussistono “una mamma e un papà veri” (espressione utilizzata per indicare la mamma di nascita), perché i genitori immaginari non esistono e i genitori adottivi che crescono questi figli sono davvero reali! Vi sono, infatti, solo diverse sfumature della genitorialità, diverse modalità in cui un padre ed una madre possono nascere e un figlio può sbocciare. E diverso non significa sbagliato, ma unico: con caratteristiche proprie ma di uguale importanza e valore. Il desiderio è, pertanto, normalizzare l’adozione partendo dalla conoscenza di questo viaggio.
Come tutti i viaggi, è pieno di punti di forza ma anche di difficoltà-mancanze, ma per “chi sceglie di puntare oltre” esse diventano momenti per fiorire ancora di più e scoprire la meraviglia di essere un genitore adottivo ed un figlio adottivo. Per il futuro si auspica, quindi, che vengano eliminati tutti i pregiudizi e con essi espressioni quali “una mamma e un papà veri”.
E’ necessario quindi, che “i bambini adottati” diventino “ i bambini” e come tali considerati.
Non è la carne e il sangue, ma il cuore che rende genitori e figli: transizione alla genitorialità adottiva.
L’adozione, un istituto giuridico molto antico con una forte valenza sociale, è soggetto ai cambiamenti che avvengono durante gli anni.
Tale istituto, essendo molto diffuso nel nostro Paese, ha influito fortemente sullo scenario familiare. Accanto alla funzione patrimoniale che ha caratterizzato per molto tempo l’adozione, nel XX secolo inizia a nascere la necessità di adoperarsi per il rispetto dei diritti dei bambini e dei genitori. L’adozione assume così una funzione legittimante, ovvero quella funzione di “riparazione affettiva” a seguito di gravi carenze genitoriali (morte, abbandono e abusi).
A seguito di diversi studi sullo sviluppo del bambino, il ruolo di quest’ultimo si evolve: non è più visto come l’oggetto ma come il soggetto. L’impegno dell’adozione corrisponde non più nel dare un bambino ad una famiglia, ma nel dare ad un bambino una famiglia. Viene, pertanto, abbandonata l’idea dell’adozione come trasmissione di beni priva di legami affettivi tra adottato e adottante e, tramite la Legge del 5 Giugno 1967 n˚431, essa viene vista come rimedio agli stati di abbandono. Per la prima volta lo Stato definisce l’adozione come genitorialità piena, eliminando la superiorità del mito del vincolo di sangue su quello affettivo creatosi con l’adozione.
Riconoscere e valorizzare la differenza di origine: la costruzione del patto
«Un giorno un papà voleva avere un figlio e non lo trovava. Un giorno lo trovò, però per adottarlo ci voleva una madre. Allora il padre si sposò con la sua innamorata che si chiamava Maria e vissero felici e contenti». Questo racconto, scritto da un bambino di sei anni riporta il modo in cui è cominciata la sua storia adottiva. Le sue parole esprimono il desiderio di poter vivere la sua esperienza di figlio in una relazione d’amore. Due aspetti assumono un particolare rilievo. Da una parte, il bambino vede un papà che esprime la volontà di paternità; dall’altra, la necessità che, per realizzare un simile progetto, ci sia bisogno non solo di una madre, ma soprattutto di una coppia che si ami con un solido patto affettivo.
Forse il desiderio del bambino di sottolineare la necessità della presenza di una coppia genitoriale può scaturire dalla delusione di un precedente patto tradito; o, più semplicemente dal fatto di possedere le giuste caratteristiche su quali persone servono per fare una famiglia. Questo rappresenta il presupposto della genitorialità adottiva : una forma di genitorialità sociale in cui il legame genitoriale non si basa su una continuità genetica, ma sul riconoscimento e la valorizzazione della differenza d’origine.
I bambini adottati crescono: la costruzione di un nuovo legame di attaccamento
«Che succede al legame di attaccamento quando c’è di mezzo un’adozione? È possibile un legame di attaccamento quando il figlio non è più un neonato? E fino a che età un bambino può legarsi ai suoi genitori adottivi e viceversa? La risposta a questa domanda non è univoca, perché le circostanze sono diverse da caso a caso e diversa è anche l’età del bambino al momento dell’adozione. Incominciamo col dire che il legame di attaccamento può formarsi o non formarsi a qualunque età ».
Nel campo dell’adozione la ricerca evidenzia come per lo sviluppo di bambini adottati, i quali sono stati a contatto con esperienze di cure sfavorevoli e negative, l’adozione rappresenta un fattore protettivo grazie alla possibilità realmente esistente di riorganizzazione dei modelli di attaccamento.
La teoria dell’attaccamento ha messo in evidenza come la qualità del legame di attaccamento genitore-bambino venga incorporata in Modelli Operativi Interni (MOI), ovvero rappresentazioni di Sé, dell’Altro e della Relazione Sé-Altro che, se da un lato, una volta formatisi sembrano restie al cambiamento, dall’altro lato, invece, sembrano possibili delle revisioni in caso si verifichino, nella vita individuale, esperienze relazionali significative. L’adozione rappresenta proprio l’esempio che tali schemi possano essere riprocessati attraverso l’incontro con nuovi caregiver. Infatti, coloro che hanno vissuto esperienze difficili e mediante l’adozione sono riusciti a sviluppare un attaccamento sicuro, vengono definiti sicuri “guadagnati‟.
Sostenere la genitorialità adottiva nell’essere ponte tra passato e presente: l’importanza del post-adozione. Lo strumento del gruppo come risorsa nel sostegno ai genitori adottivi
Non è rara l’opinione generale di dover lasciare la famiglia adottiva tranquilla nei mesi successivi all’inserimento del bambino, ma da questa idea ne consegue che l’intervento viene attivato solo quando si presentano difficoltà e i genitori ne fanno richiesta.
Palacios sostiene che la maggior parte dei fallimenti adottivi potrebbero essere evitati se ci fosse un intervento preventivo dei servizi, ovvero la predisposizione da parte di servizi territoriali e enti autorizzati di un sostegno post-adottivo.
Allo stato attuale sono ancora molte le zone di Italia nelle quali le famiglie adottive vengono lasciate ad affrontare questa transizione genitoriale in maniera autonoma. L’obiettivo primario del sostegno post-adottivo è quello di aiutare adulti e bambini a tollerare l’incertezza e l’instabilità affettiva rispetto ai nuovi legami relazionali e sostenere i genitori ad accettare il bambino adottato nella globalità della sua condizione svolgendo così una funzione riparatoria. Il gruppo di sostegno ai genitori adottivi è una delle modalità più diffuse ed efficaci di intervento post-adozione. Nella formazione all’adozione il gruppo ha la funzione di costruire insieme un luogo dove conoscere parti del bambino che chiedono di essere accolte, risanate e reintegrate.
Il confronto con le origini: raccontare l’adozione
La storia dei figli adottivi è caratterizzata da due parti: quella precedente all’adozione e quella successiva. Precedentemente si parlava, infatti, di “seconda nascita” per indicare l’inizio di una nuova vita, in un nuovo ambiente familiare, azzerando completamente la storia precedente. L’idea che un’informazione disturbante e difficile da capire non avesse nessuna importanza nella nuova vita del bambino, faceva sembrare quasi che il bambino abbandonato e quello adottato non fossero la stessa persona.
Negli ultimi anni, fortunatamente, l’approccio originario ha lasciato spazio ad un cambiamento positivo che ha messo al centro dell’universo adottivo il passato del bambino diffondendo l’importanza di informare il bambino della sua storia: conoscere gli eventi della nostra storia, attribuire ad essi un significato, capire l’influenza che hanno avuto su di noi e sul modo di relazionarci e gestire gli eventi, permette di essere consapevoli di noi stessi, di avere un’integrità interna.
Parole chiave: adozione, attaccamento, genitorialità adottiva, normalizzare, valorizzare, origini, cuore.
Giorgia Maggi
Genitori nel cuore: un viaggio nella transizione alla genitorialità adottiva
Università di Roma LUMSA
Facoltà di Scienze Umane,Comunicazione,Formazione,Psicologia
Corso di Laurea magistrale in Psicologia clinica
a.a. 2021-2022
Relatrice: Prof.ssa Maura Benedetti
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